FIRENZE PIÙ APERTA, ANCHE CONTRO LA MALAMOVIDA
Caro direttore, leggo sul vostro giornale degli avvenimenti di piazza Santo Spirito contro la ormai famosa ordinanza anti bivacco del sindaco Nardella. Vorrei, a partire da ciò, compiere una breve riflessione. Le città, e in particolare le città globali come Firenze, hanno bisogno di cure e attenzioni. La tutela stessa della democrazia si gioca nello spazio pubblico, nelle strade, nei marciapiedi, nelle piazze. Aiutare il recupero delle istanze vitali di una città dovrebbe essere obiettivo primario degli amministratori. Gli strumenti sono quelli della pianificazione, che gioca sempre di più un ruolo fondamentale. La pianificazione può mettere da parte una visione obsoleta della città, mitigarne gli aspetti violenti, esaltarne le esigenze del reale. Può favorire il dialogo tra periferie e centro, o addirittura localizzare e realizzare più centri, inserendo la complessità sociale nella stessa pianificazione. Povertà e ricchezza fanno la differenza in una città che parta dall’urbano come esperienza vissuta dei suoi abitanti. Firenze è una città di antiche tradizioni; la solidarietà ha sempre fatto parte del suo essere città aperta, vissuta dagli abitanti come fatto sociale e individuale, elemento vivo di esperienza e conoscenza. L’attitudine fiorentina è sempre stata quella di guardare all’altro in relazione alle sue necessità e alle abitudini della collettività. Oggi invece la marginalità non è più considerata il tessuto fragile della città da proteggere. Non è adatta ai poveri la vuota città di Botty & Celly.
A me piace pensare a una Firenze che continui a tutelare le marginalità, le recuperi al tessuto produttivo e le inserisca nel mondo urbano, veicolando il messaggio che la città, fin nei suoi angoli più remoti, è uno spazio urbano di tutti. Sono contrario, quindi, alle ordinanze di sindaci che s’improvvisano prefetti, che siano provvedimenti contro il bivacco, contro gli ubriachi o sistolate d’acqua per impedire di sedersi sui sagrati delle chiese. Una cura siffatta, oltre ad essere inefficace, è spesso assai peggiore del male che si vuol curare. Per cultura sono distante dalla concezione di città fortezza che questi provvedimenti emanano: si chiama urbanistica della repressione, ed è molto apprezzata in Cina. Si privilegia la percezione di sicurezza a un progetto serio sulla marginalità e sullo stress urbano. La mala movida è uno dei frutti malsani dell’assenza di una pianificazione che riconduca Firenze ad avere una nuova identità di città globale e aperta. Se l’amministrazione offrisse rispetto e spazi di vita o consumo condivisi e adeguati, sono convinto che altrettanto rispetto arriverebbe. È una questione di programmazione, comunicazione istituzionale e pratica del quotidiano. Italo Calvino scrisse che a Isidora, una delle sue meravigliose città invisibili, si arriva a tarda età, nella piazza c’è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù. I desideri sono già ricordi.