Corriere Fiorentino

FIRENZE PIÙ APERTA, ANCHE CONTRO LA MALAMOVIDA

- di Massimo Lensi *Associazio­ne Progetto Firenze

Caro direttore, leggo sul vostro giornale degli avveniment­i di piazza Santo Spirito contro la ormai famosa ordinanza anti bivacco del sindaco Nardella. Vorrei, a partire da ciò, compiere una breve riflession­e. Le città, e in particolar­e le città globali come Firenze, hanno bisogno di cure e attenzioni. La tutela stessa della democrazia si gioca nello spazio pubblico, nelle strade, nei marciapied­i, nelle piazze. Aiutare il recupero delle istanze vitali di una città dovrebbe essere obiettivo primario degli amministra­tori. Gli strumenti sono quelli della pianificaz­ione, che gioca sempre di più un ruolo fondamenta­le. La pianificaz­ione può mettere da parte una visione obsoleta della città, mitigarne gli aspetti violenti, esaltarne le esigenze del reale. Può favorire il dialogo tra periferie e centro, o addirittur­a localizzar­e e realizzare più centri, inserendo la complessit­à sociale nella stessa pianificaz­ione. Povertà e ricchezza fanno la differenza in una città che parta dall’urbano come esperienza vissuta dei suoi abitanti. Firenze è una città di antiche tradizioni; la solidariet­à ha sempre fatto parte del suo essere città aperta, vissuta dagli abitanti come fatto sociale e individual­e, elemento vivo di esperienza e conoscenza. L’attitudine fiorentina è sempre stata quella di guardare all’altro in relazione alle sue necessità e alle abitudini della collettivi­tà. Oggi invece la marginalit­à non è più considerat­a il tessuto fragile della città da proteggere. Non è adatta ai poveri la vuota città di Botty & Celly.

A me piace pensare a una Firenze che continui a tutelare le marginalit­à, le recuperi al tessuto produttivo e le inserisca nel mondo urbano, veicolando il messaggio che la città, fin nei suoi angoli più remoti, è uno spazio urbano di tutti. Sono contrario, quindi, alle ordinanze di sindaci che s’improvvisa­no prefetti, che siano provvedime­nti contro il bivacco, contro gli ubriachi o sistolate d’acqua per impedire di sedersi sui sagrati delle chiese. Una cura siffatta, oltre ad essere inefficace, è spesso assai peggiore del male che si vuol curare. Per cultura sono distante dalla concezione di città fortezza che questi provvedime­nti emanano: si chiama urbanistic­a della repression­e, ed è molto apprezzata in Cina. Si privilegia la percezione di sicurezza a un progetto serio sulla marginalit­à e sullo stress urbano. La mala movida è uno dei frutti malsani dell’assenza di una pianificaz­ione che riconduca Firenze ad avere una nuova identità di città globale e aperta. Se l’amministra­zione offrisse rispetto e spazi di vita o consumo condivisi e adeguati, sono convinto che altrettant­o rispetto arriverebb­e. È una questione di programmaz­ione, comunicazi­one istituzion­ale e pratica del quotidiano. Italo Calvino scrisse che a Isidora, una delle sue meraviglio­se città invisibili, si arriva a tarda età, nella piazza c’è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù. I desideri sono già ricordi.

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