E sul turismo il ministro cambia rotta: basta coi tavoli delle città d’arte
Il ministro Centinaio: tassa di soggiorno? La rivedremo, uguale per tutti i Comuni
Invece dei tavoli delle città d’arte serve «una strategia nazionale», che deciderà dopo aver visitato «tutte le regioni, compresa la Toscana, e toccato con mano e parlato con chi vive e lavora nel settore». È il primo cambio di strategia sul turismo del ministro Gian Carlo Centinaio. Che annuncia anche novità sulla tassa di soggiorno, «deve essere più uniforme e servire per dare davvero servizi ai turisti» e sugli affitti tramite Airbnb: «Pronti a portare il problema in Europa».
Gian Marco Centinaio (Lega) è il primo ministro dell’Agricoltura che coniuga anche la delega al Turismo, da ieri, con l’approvazione del decreto di riordino. E con lui, ex direttore commerciale per un tour operator, parliamo del futuro del turismo e dell’impatto sulle nostre città.
Le tendenze
Un impatto già importante, che vede una tendenza in aumento del del 3-4% annuo dei flussi mondiali. In l’Italia questi si concentrano soprattutto sulle città d’arte. «Io vedo — spiega il ministro — uno scenario ampio. Dobbiamo allargare il più possibile il raggio di azione. Ben vengano i turisti nelle città d’arte, dove tra l’altro dobbiamo potenziare l’offerta e combattere i fenomeni di abusivismo. Ma portiamoli anche negli altri posti, nelle zone vicine. Invogliamoli. E non parlo solo di quelli stranieri, ma anche degli italiani. In questo l’abbinamento turismo e agroalimentare è strategico. Il turismo enogastronomico vale circa 12 miliardi di euro. Anche il cibo è cultura, storia, tradizione. Abbiamo un potenziale enorme da sfruttare, pure per valorizzare le nostre aziende. Penso alle “vie del gusto”, all’enoturismo, ai borghi. Non perdiamo altro tempo».
La tassa di soggiorno
Tra i «cambiamenti» annunciati da questo governo, c’è quello sulla tassa di soggiorno. In prima battuta, il contratto Lega-M5S ipotizzava di cancellarla, ora Centinaio parla di modificarla: però resta il tema delle risorse necessarie per ripagare il «consumo» delle città da parte dei turisti, soprattutto quelle d’arte come Firenze, perché anche chi arriva e se ne va in giornata consuma la città, ma la tassa di soggiorno la paga solo chi pernotta. «Il fenomeno del turismo mordi e fuggi non riguarda solo l’Italia ma anche gli altri Paesi — dice il ministro — Le proteste di Barcellona sono esemplari. Il punto è: vogliamo fare o no sistema? Dobbiamo mettere in atto pratiche e politiche sostenibili e devono essere coinvolti tutti, dalle amministrazioni alle aziende, dalle comunità locali ai turisti stessi. Allora possiamo parlare di turismo di qualità, di risorse. Ma se andiamo avanti con i battitori liberi…». Sarebbe meglio ci fosse una tassa quantomeno omogenea, per il turismo? «Con me sfonda una porta aperta. Ho già detto che la nostra intenzione è quella di rivedere proprio la questione della tassa di soggiorno. Una tassa che dovrebbe essere incassata dai Comuni per essere reinvestita nel turismo, migliorare i servizi, e che invece molto spesso serve per contribuire a ripianare i conti delle amministrazioni. Non è così che funziona. Secondo me sarebbe più giusto parlare di una tassa di scopo, uniforme appunto, e utilizzata per creare un circuito virtuoso che coinvolga Comuni e Regioni». Ma alla fine, verrà tolta o no? «Prima di dire togliamola vediamo di capire se ci sono le condizioni per creare, in tutta Italia, quel circuito virtuoso di cui parlavo».
Cambio di strategia
Centinaio mette in discussione anche il cardine della strategia messa in piedi dal passato governo per affrontare l’«overload tourism», cioè il tavolo delle 5 città d’arte e turismo, tra cui Firenze. Centinaio dice: meglio una «strategia nazionale, che deve essere unitaria. Va bene fare i tavoli, ma io voglio anche andare sui territori e toccare con mano la realtà, capire insieme con chi ci lavora e vive cosa non va e cercare insieme soluzioni. Da settembre inizierò a girare per le regioni, ovviamente anche in Toscana, ogni 15 giorni una zona diversa. Le specificità sono la nostra ricchezza, quello che ci rende unici al mondo. Non trasformiamole in una debolezza». Vale anche per alcune strategie di marketing: e anche sulla polemica per la cancellazione delle domeniche gratis nei musei statali, Centinaio parla di «superare questa logica. Qui in caso parliamo di differenziare per giorni della settimana, per stagione, per tipologia. Lo abbiamo detto anche prima: adattarsi alle specificità dei territori».
Airbnb e non solo
«Non si possono lasciare praterie, né che ognuno faccia quello che vuole». Su Airbnb e sugli affitti turistici il ministro mette le mani avanti: «Noi agiremo per quanto di nostra competenza. Se c’è da spostare la discussione ad un livello più alto, lo faremo». Ma vale il ragionamento fatto per la tassa di soggiorno, anche per decidere chi fa impresa, chi no, il ministro del Turismo propone di condividere: «È un discorso da portare avanti attraverso politiche congiunte, in sinergia e nelle sedi opportune». Anche per parlare di politiche della case, per mantenere residenze in centro, fornendo opportunità e servizi? «Certo — risponde Centinaio — Entriamo in una nuova logica: ogni turista in più che entra nel nostro Paese o che si sposta all’interno del Paese è reddito in più per tutti, anche per chi non lavora nel settore turistico».
Delocalizzare, anche col cibo
L’aver integrato i dicasteri di Agricoltura e Turismo ha portato non poche critiche da parte delle opposizioni. Ma per Centinaio questo non è uno
Nuove rotte Portiamo i visitatori italiani e stranieri anche in altri luoghi, sfruttando le potenzialità di cibo e vino: il binomio turismo e agroalimentare è strategico
Il nodo Airbnb Non possiamo lasciare praterie, né permettere che ognuno faccia quel che vuole Faremo quello che potremo, ma se serve porteremo il problema a un livello più alto
sminuire il turismo, bensì portare nuove opportunità. «In Italia — spiega il ministro — noi tuteliamo il vero Made in Italy e tutto ciò che ne deriva: economia, occupazione, sviluppo locale. Il cibo italiano è sinonimo di eccellenza in tutto il mondo quindi ci deve essere trasparenza e sicurezza, in etichetta e nel piatto. A difesa di chi lavora nel comparto e dei consumatori».
Le scelte degli Usa su possibili dazi su cibo e vino la preoccupano? «Nessuna paura, semplicemente dobbiamo capire che i dazi chiamano dazi. Cerchiamo quindi di evitare che vengano messi a nostro danno, per il vino e gli altri prodotti agroalimentari. Non abbiamo bisogno di una guerra commerciale che penalizzerebbe le nostre eccellenze e il reddito delle nostre imprese».