Il tabù dell’incesto a Volterra con Visconti e la Cardinale
Inizia la serie che racconta i grandi film d’autore girati in Toscana Nel 1965 Visconti e la Cardinale scoprono l’anima di Volterra con «Vaghe stelle dell’Orsa»
Prima che i vampiri della saga di Twilight planassero su Volterra, la città toscana era celebre per un altro film, Vaghe stelle dell’Orsa (1965), tra i capolavori più difficili e ambigui del grande Luchino Visconti. In realtà la storia della pellicola era nata a una cinquantina di chilometri da lì, ovvero a Castiglioncello, allora buen retiro di molta intellighenzia italiana e rifugio estivo del «conte rosso» (così, detrattori e non, chiamavano Visconti, nobile di fede comunista). Fu proprio infatti durante un soggiorno sul Tirreno che maturò la prima idea del film, quando il regista chiese agli sceneggiatori, i fidati Suso Cecchi D’Amico e Enrico Medioli, di scrivere insieme una storia da affidare a Claudia Cardinale. Per l’attrice (ormai diventata una grande star internazionale) bisognava scrivere un personaggio però completamente diverso dalla meravigliosa Angelica interpretata quattro anni prima ne Il Gattopardo. «Per la protagonista avevo sempre pensato a Claudia Cardinale — raccontò qualche tempo dopo Visconti — il personaggio di Sandra, anzi, era stato scritto su di lei, e non solo per quel che di enigmatico che si cela dietro l’apparente semplicità di quest’attrice, ma anche per l’aderenza somatica della sua figura — la testa, in specie — a quella che delle donne etrusche ci è stata tramandata». Punto di riferimento per i tre diventò subito la l’Elettra di Sofocle e, dopo varie stesure, la sceneggiatura si chiuse su una vicenda cupa e violenta, consumata negli odi di una famiglia in disgregazione, e affrontando quello che Visconti riteneva essere l’ultimo tabù della società italiana di allora: l’incesto.
La storia è quella di Sandra (Claudia Cardinale), che dopo anni di assenza torna a Volterra, sua città natale. Motivo del ritorno è la donazione del giardino di famiglia al Comune come parco pubblico intitolato alla memoria del padre. È con lei il marito Andrew (Michael Craig), desideroso di conoscere l’ambiente in cui la moglie ha vissuto la sua gioventù. Nel vecchio palazzo Sandra ritrova i ricordi. Rivede il fratello Gianni (Jean Sorel), che da tempo vive in modo disordinato e che sta scrivendo un romanzo autobiografico dal titolo Vaghe stelle dell’Orsa. Rivede la madre ricoverata in una clinica a causa di un grave squilibrio mentale e Gilardoni (Renzo Ricci), secondo marito della madre. Andrew scopre che la famiglia è tormentata dal ricordo della morte del padre, un illustre scienziato ebreo deportato dai nazisti e morto in un campo di concentramento. La responsabilità è attribuita dai due fratelli ad un tradimento della madre e del secondo marito da tempo amanti. Scopre del romanzo del fratello Gianni, in cui viene descritto un rapporto morboso tra i due fratelli. Sconcertato per queste scoperte, Andrew riunisce la famiglia per un chiarimento. E da qui inizieranno una serie di rivelazioni che porteranno a un tragico finale. «La mia vera attenzione è stata rivolta alla coscienza di Sandra, al suo disagio morale, al suo impegno di capire — dichiarò allora Visconti — gli stessi tiranti che a suo tempo hanno mosso ‘Ntoni, Livia, Rocco o il principe Salina. E se altrove mi sono servito di un ballo, di una battaglia, del fenomeno dell’emigrazione interna, della conquista del pane quotidiano, qui mi hanno stimolato l’antico enigma etrusco, Volterra, che ne è perfetta espressione, il complesso di superiorità della razza ebraica, una figura di donna. Questi sono gli elementi “storici”, di fondo, e sostanzialmente entro certi limiti, da cui muove la vicenda di questo mio film. Così come ne sono elementi psicologici la conclamata esigenza di giustizia e di verità, l’insoddisfazione sentimentale e sessuale di Sandra, la sua crisi matrimoniale».
Il film, Leone d’Oro a Venezia, fu girato quasi interamente a Volterra: sono visibili San Giusto, la Porta all’Arco, le Balze, il Museo Etrusco, il Comune, la Cisterna romana, Palazzo Viti e naturalmente Palazzo Inghirami, dove sono ambientati gli interni. Visconti raccontò allora che «la materia del film si è andata precisando di giorno in giorno. Vorrei dire che vi hanno contribuito per un certo verso lo stesso soggiorno nella cittadina toscana, l’ambiente di Palazzo Inghirami, dove ho girato la maggior parte delle scene del film, il lento procedere dell’autunno durante le riprese». Quale fosse la natura della fascinazione di Visconti per Volterra è presto detto: tra i paesaggi, le pietre, i dirupi, le possibili frane di una città che sembrava disfarsi, il regista vide la presenza di un passato «mitico» dentro un presente oscuro fatto di segreti e delitti, una tragedia moderna dal sapore antico (l’Elettra come modello, per l’appunto). Il tempo, il vento, il peso dei ricordi — come raccontò il critico Renzo Renzi, allora presente sul set — sembrava pesare perfino sulla troupe, come se per le stanze di Palazzo Inghirami si aggirassero i fantasmi (come quello di Isabella Inghirami, folle d’amore nel romanzo dannunziano Forse che sì, forse che no). Ed è impossibile non vedere dietro la lunare espressione di Sandra il sorriso enigmatico dei lucumoni etruschi, che dagli scaffali del museo guardano i moderni da un mondo che non c’è più, ma che soffia vitale al di là dei secoli.
Il regista Per l’attrice volle un personaggio diverso dalla celebre Angelica del «Gattopardo» e in questa storia affrontò quello che riteneva essere l’ultimo tabù della società: l’incesto
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