Quella Fonte distrutta per il titolo del Granduca (a spese degli ebrei)
Il quadretto si chiama «Veduta della piazza della Fonte nel Ghetto di Firenze»: un attonito uomo osserva immobile il luogo simbolo di un pezzo di Firenze che non esiste più. E che parla di luci e ombre, misera e nobiltà della città. Il Ghetto ebraico fiorentino nasce dalla volontà di Cosimo I di essere riconosciuto Granduca dal Papa Paolo IV, una volta ottenuto nel 1569 l’agognato titolo che lo poneva un gradino sopra tutti gli altri signori italiani, il Medici nel 1571 emanò i decreti che imponevano alla Nazione Ebrea di abitare dentro il perimetro di una zona degradata, vicino al Mercato Vecchio, nella quale su progetto dell’architetto Bernardo Buontalenti fu realizzato un unico immenso stabile, con tre ingressi, muniti di cancelli che venivano chiusi ogni mezzanotte da un portinaio ebreo. Il Ghetto, che presto divenne affollatissimo e degradato, era articolato attorno a tre piccole piazze, piazza della Fraternita, la centrale piazza del Ghetto e quella della Fonte, la più caratteristica. Vi si accedeva anche da piazza dell’Olio, accanto all’Arcivescovado, ed oltre a due sinagoghe ospitava casupole, botteghe, osterie, alberghi, bordelli, ma anche case torri dei Medici, Pecori, Brunelleschi e altre nobili famiglie, con le cosiddette Cortacce che costituivano la parte più degradata di tutto il complesso, ricettacolo di malavitosi e balordi. La comunità ebraica fiorentina, nata a metà Quattrocento con l’apertura di banchi di pegno, non era particolarmente numerosa, poco più di mille persone, ma crebbe e nel 1704 il Ghetto che era stato mezzo devastato da un incendio fu allargato per volere di Cosimo III, mentre verso la comunità si alternavano periodi di apertura ed episodi di intolleranza. Fu la campagna stampa del giornalista Jarro, Giulio Piccini, che con il suo libro «Firenze sotterranea» scandalizzò, assieme all’esigenza di progresso e di nuove condizioni igieniche che decretarono a fine Ottocento la cancellazione del Ghetto, reso inutile anche dall’emancipazione degli ebrei che con il Regno d’Italia divennero cittadini come gli altri. La furia del piccone lo distrusse, come il mercato vecchio e decine tra strade, vicoli, chiese, facendo nascere la grande piazza poi della Repubblica. Lasciando dietro solo ricordi e vecchie immagini, come quella di piazza della Fonte.