Corriere Fiorentino

A Firenze però braccia e cervelli poi ritornano

- S.O.

Nel decennio della crisi, tra il 2007 e il 2017, gli espatri dall’Italia sono aumentati in modo esponenzia­le (più 60 per cento), mentre i rientri in patria sono rimasti sostanzial­mente stabili anno su anno. Firenze, però, è tra le città italiane che fanno eccezione e si caratteriz­za per riuscire a «riportare a casa» più di altre realtà i suoi cittadini. Nel 2017 il numero dei rimpatri nel capoluogo toscano è aumentato del 24,4 per cento, analogamen­te a quanto è accaduto a Milano, Roma, Napoli e Torino. I «fiorentini di ritorno» sono prevalente­mente uomini (56,9 per cento), hanno un’età media più alta degli espatriati (38 anni per gli uomini e 34 anni per le donne), sono per la maggior parte single (54,8 per cento). Firenze è quindi l’unica città nel panorama regionale che sperimenta una mobilità non unidirezio­nale, cioè composta solo da partenze per l’estero e ritorni improbabil­i. L’aspetto negativo di questi rientri è che riguardano per circa la metà persone con un profilo profession­ale molto basso: il 25,4 per cento di chi torna in Italia non ha nessun titolo di studio o possiede solo la licenza elementare, il 22,5 per cento ha la licenza media. Il movimento migratorio inteso come tappa di un percorso formativo, che consenta di maturare esperienze culturali e profession­ali in altri Paesi per poi magari riportale e farle fruttare nel mondo accademico e nel mondo del lavoro in patria, tipico dei profili ad alta specializz­azione, riguarda soltanto la metà dei fiorentini che rientrano dopo aver vissuto e lavorato all’estero. Un impulso in questo senso lo hanno dato le borse di studio, come quella intitolata alla memoria di Rita Levi Montalcini, dedicate a chi torna a fare ricerca in Italia.

Movimenti

Lo scorso anno il numero di chi è rimpatriat­o è salito del 24,4%

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