«Non sono fuggito, ma non tornerò Qui solo vantaggi»
«Non chiamatemi cervello in fuga». In fuga forse no, ma per il fiorentino Gabriele Baldini, ora docente e medico, anestesista, alla McGill University di Montreal, la scelta di partire per il Canada è stata «una opportunità, indiscutibile. Non potrò mai sapere se, restando in Italia, avrei fatto la stessa carriera. Sicuramente, non avrei potuto farla così velocemente».
Gabriele Baldini, 40 anni, da 10 a Montreal: come ci è arrivato?
«In realtà, ci ero passato nel 2007, durante la mia specializzazione, con una borsa di studio. Mi conoscevano, insomma. Quando stavo già lavorando in Italia, visto che c’era la possibilità di una fellowship, mi hanno cercato e sono venuto».
La «fellowship», in Italia, non c’è. «Infatti: è una sorta di subspecializzazione. Non ci si arriva per concorso. Le fellowship sono a pagamento, devi pagare le tasse universitarie, però mentre lavori hai un reddito. E ci sono sponsor, come nel mio caso, che permettono di pagare le tasse allo studente proveniente da altre università e da Paesi stranieri».
Una cooptazione, quindi.
«Sì, ma con un processo di selezione fatto di colloqui, verifica di curriculum, pubblicazioni. E lettere di raccomandazione. Che però non sono raccomandazioni all’italiana. Perché qui i concorsi non esistono».
Come funzionano queste «lettere di raccomandazione»?
«Per un tot di posti, conta il tuo lavoro e le lettere di raccomandazione. E ne ho scritte tante anche io per i miei studenti: ma non puoi raccomandare qualcuno solo perché ti piace, lo puoi fare solo perché è bravo. Questo perché qui se hai raccomandato uno che non sa fare nulla, ti viene chiesto conto di cosa hai scritto. Ci vai di mezzo te, la tua credibilità».
Sono arrivato perché mi hanno cercato loro: ma poi, ho fatto quello che potevo e volevo fare. Sicuramente in modo più veloce che in Italia
E quindi anche la tua carriera... «Esatto».
Dato che a Montreal c’è neve da settembre ad aprile, dubito l’abbia scelta per il meteo: per cosa l’ha scelta? «(ride, ndr) In realtà, ogni volta che dico che vengo da Firenze, i canadesi mi guardano come fossi un pazzo, ad aver scelto questa città. Ci dovevo restare un anno. Ma poi...».
Ha deciso di fare l’emigrante.
«Sì, il termine esatto è quello. Ho deciso di trasferirmi per le opportunità. Certo, le opportunità non sono cascate dal cielo: ho fatto quello che potevo fare, sono diventato assistant professor, ora sono associato. Insegno, faccio ricerca. Sono arrivato da solo, poi mia moglie si è trasferita. Le vita lavorativa va bene per entrambi. Mi piace quel che faccio, le possibilità che ho. Ho creato la mia vita qui. Ho promesso a mia moglie che un giorno la porterò indietro a Firenze. Ma ora abbiamo due bambini, con doppia cittadinanza. Vedremo».
Le hanno mai proposto di tornare? «Due volte. L’idea di tornare è sempre in testa. Ma devo finire quel che ho iniziato alla McGill University».
Conterà anche il reddito, no? È migliore di quello italiano?
«Sì ma non sono paragonabili: qui ci sono riconoscimenti del merito e il reddito è a prestazione, non a salario fisso. Il sistema è diverso, anche se la sanità è pubblica. Più lavori più vieni pagato, sei incentivato a lavorare: sei come un libero professionista».
Sono tanti gli italiani trasferiti a Montreal?
«Sì, e sono aumentati molto negli ultimi 10 anni, soprattutto nel settore medico. Alcuni perché pensavano che in Italia, la loro professione non avesse futuro. Qui invece ci sono grandi opportunità. E il futuro conta».
In Canada anche le lettere di raccomandazione si basano sul merito: le scrivi solo per chi vale, se sostieni senza capacità ne va della tua carriera