Corriere Fiorentino

Un giorno a Vicofaro «Basta esporli, ora proteggiam­oli»

REPORTAGE

- di Giulio Gori

«Ci sentiamo al sicuro solo finché restiamo qua dentro». Nella cucina della parrocchia di Santa Maria a Vicofaro, tre ragazzi africani sono indaffarat­i tra l’acquaio e i fornelli per preparare una frittata. La notizia che gli aggressori che hanno sparato al loro amico Buba con una scacciacan­i, una settimana fa, fossero dei tredicenni sembra sconvolger­li: «Il mondo sta impazzendo», dice un giovane senegalese. Buba, l’aggredito, non mette il naso fuori dalla camera con i materassi per terra, passa il pomeriggio là dentro: «Non ho più voglia di espormi — dice — Troppe attenzioni». Anche il nigeriano Kenny racconta le sue paure: «Molti escono, io preferisco stare qui, per strada non mi sento più sicuro — dice in inglese — Se voglio andarmene dall’Italia? Non credo, penso che anche in Francia o in Germania ci sia il problema del razzismo».

Ahmed, gambiano di 22 anni, l’italiano invece lo parla benissimo. Guarda i tg e si è fatto un’idea diversa: «Quel ministro parla troppo, da qualche mese si sentono brutte storie che prima succedevan­o di rado». Il ragazzo divide il pomeriggio tra i palleggi con il pallone e il calcio balilla, sogna di farsi ingaggiare dalla Pistoiese ma parla anche quattro lingue e ieri mattina si è iscritto al centro per l’impiego. «Qui sto bene — aggiunge — ho un tetto, un letto, ho da mangiare». Si è anche fidanzato, con una nigeriana. Lui è musulmano, lei cristiana: «Non siamo mica razzisti», ride.

«Pistoia non è razzista, qui non c’è alcun allarme sociale — dice il sindaco Alessandro Tomasi — Sono molto arrabbiato per come in questi giorni viene descritta la città, l’immagine che ne viene data: qui ci sono tantissimi ragazzi che fanno volontaria­to, che stanno nelle associazio­ni, nelle società sportive». Il sindaco, a Santa Maria a Vicofaro non è passato, l’aggression­e è stata «una bravata». Ma ammette che in Italia «c’è un’esasperazi­one accentuata dalla crisi economica, dalle difficoltà del ceto medio, da un welfare che non funziona».

Nel cortile davanti alla parrocchia, molti dei ragazzi stranieri trascorron­o il pomeriggio. Dell’ottantina di ospiti meno della metà ha un lavoro, e spesso lo trova solo negli opifici tessili cinesi del Pratese da cui di soldi, contratti e diritti ne escono pochi. Di italiani, in cortile, ce ne sono due, a messa la domenica ormai del quartiere di Vicofaro non va quasi più nessuno.

«Sono venuta qui per la prima volta un mese fa, ho bisogno di aiuto, ma cerco anche di dare una mano» racconta una signora che assiste i ragazzi stranieri quando devono andare in un ufficio, compilare un modulo, richiedere un documento. Loro la chiamano «mamma» e lei si preoccupa per loro: «Quel che don Massimo sta facendo è davvero importante, ma forse ora sarebbe il caso di eclissarci. Altrimenti, se restano esposti, questi ragazzi rischiano di diventare un bersaglio». Ecco il punto. Il protagonis­mo di don Biancalani, il parroco della foto in piscina coi migranti, delle battaglie contro Salvini, aiuta i migranti che ospita o no?

«Io non sto conducendo una battaglia politica o ideologica, io metto in pratica il Vangelo e lo racconto. Alcuni preti mi hanno detto che “le cose vanno fatte in silenzio”. Ma davvero dovremmo stare zitti? Io non mi lascio intimidire — dice don Biancalani — Un anno fa fu Salvini a farci diventare un bersaglio, quando strumental­izzò la foto innocente che pubblicai sui social con i ragazzi in piscina». «Tra una settimana sarà l’anniversar­io, quasi quasi in piscina ce li riporto — aggiunge, per poi fare una pausa — No, forse non è il caso di esporli fino a questo punto...». Il sacerdote è preoccupat­o del fatto che siano stati dei ragazzini ad aggredire Buba: «A 13 anni non sei un estremista ideologizz­ato ma questo non mi tranquilli­zza, anzi: siamo di fronte a una forma di emulazione di un odio nei confronti dei migranti che è diventato diffuso». Don Biancalani indica i responsabi­li nella scuola, nei media, nella politica, ma anche nella Chiesa «che non ha il coraggio di schierarsi fino in fondo». E racconta che ben poca solidariet­à gli è arrivata dai colleghi sacerdoti, dalle organizzaz­ioni cattoliche. «Anche alla messa vengono in pochi, la nostra parrocchia ormai ha uno scopo diverso. Nel quartiere non ci sono manifestaz­ioni di intolleran­za, ma per la verità neppure di aperto sostegno».

Nelle strade di Vicofaro è l’indifferen­za il sentimento più diffuso, come se la parrocchia fosse un mondo a sé. «Certe enfatizzaz­ioni di don Massimo, la cui opera osservo con ammirazion­e, talvolta mi lasciano perplesso. Questo però non giustifica le aggression­i», dice il consiglier­e regionale del Pd, Massimo Baldi. Baldi è pistoiese doc, ha frequentat­o Vicofaro, teatro dei suoi scherzi da ragazzino: «A 13 anni siamo stati tutti un po’ mefistofel­ici e sono sicuro che quei ragazzini sono sinceri quando dicono che era solo una bravata. Ma è proprio questo che mi preoccupa, se l’intolleran­za si impossessa anche degli scherzi di due ragazzini abbiamo una questione razziale con tutti i crismi. E il sindaco Tomasi, se si preoccupa solo dell’immagine di Pistoia, pecca come minimo di superficia­lità».

Don Biancalani

Non è una battaglia politica, metto in pratica il Vangelo e lo racconto Alla messa? Viene poca gente, la parrocchia ora ha uno scopo diverso

Baldi (Pd) L’aggression­e è stata una bravata, ma è proprio questo che preoccupa Se c’è intolleran­za anche negli scherzi dei ragazzi c’è una questione razziale

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? La chiesa di Vicofaro A sinistra, don Biancalani con alcuni dei migranti ospiti della sua parrocchia Sopra, partita a calcio nel cortile
La chiesa di Vicofaro A sinistra, don Biancalani con alcuni dei migranti ospiti della sua parrocchia Sopra, partita a calcio nel cortile
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy