Le forme del degrado e il futuro di Firenze nelle lettere dei lettori
Gentilissimo Ermini, ho letto il suo articolo di fondo sul Corriere Fiorentino di oggi (ieri, 9 agosto, ndr), ne condivido completamente il contenuto e La ringrazio per il tono dell’esposizione. Sono anni che sono arrabbiata con tutte le amministrazioni politiche fiorentine, anche ante Renzi e Nardella, perché tutti nel tempo hanno solo fatto perdere identità alla nostra città seguendo solo ed esclusivamente il diktat degli interessi contingenti. Il degrado è totale: che dire dell’orrore di piazza Duomo ingombra di dehors sempre più grandi ed invadenti (e cosa dire quando da questi fuoriesce musica «a palla»), di bancarelle più o meno abusive, di noleggiatori di vari mezzi di trasporto (compresi i cavalli con i calessi che a mio parere potrebbero trovare sosta in un luogo diverso), della gradinata ingombra da persone sedute che mangiano, bevono o si sdraiano a prendere il sole. La bellezza della piazza e dei suoi monumenti perde di fascino, di significato, di gusto artistico ed assume un’atmosfera decadente. E cosa dire delle esposizioni autorizzate in piazza Signoria che deturpano quell’imperitura bellezza; abbiamo altri spazi per tali mostre, per esempio il Forte Belvedere. Come dice Lei non c’è più una visione d’insieme; vengono fatti solo interventi legati ad emergenze e privi di una valutazione organica e correlata allo stile della città. Io vorrei anche parlare della tranvia che è senz’altro utilissima, ma perché non elettrificarla da terra (come da tempo hanno fatto molte città europee) evitando quei pali esterni orribili e ingombrati. Posso anche aggiungere che esteticamente non mi piace, avrei preferito opere sotterranee, ma sembra che questo non sia possibile a Firenze e, non essendo ferrata in materia, mi adeguo.
Sul fronte del degrado ci sarebbero molte altre cose da aggiungere ma mi fermo, però prima devo dire che non abbiamo bisogno di politici, di qualsiasi colore e attualmente ne abbiamo ovunque, che strumentalizzano il malcontento e che non hanno una reale conoscenza del territorio e della identità socio-culturale e storica della città (forse a loro questo non interessa) e di conseguenza inidonei ad intervenire perché senza seri e rispettosi programmi. RingraziandoLa nuovamente, mi scuso per essere stata forse troppo pedante e Le invio cordiali saluti. Lettera firmata
Egregio direttore. ho terminato la lettura del suo articolo (Corriere Fiorentino, 9 agosto ndr) e sono d’accordo con Lei anche se, devo dire, ha tralasciato di parlare di tutta la zona del Mercato Centrale dove abito. Vorrei che ci fosse un modo ed un luogo dove si potesse trasbordare tutto quello che viene smerciato in via dell’Ariento ed in via Sant’Antonino. Voi non avete la più pallida idea di cosa sia il rumore delle bancarelle spostate tutte le mattine dalle 4,30 fino alle 8 e la sera dalle 19 in poi. Voi non avete idea dell’odore nauseante del pellame scadente che entra nelle nostre narici sia col sole che con la pioggia. Voi non sapete che dobbiamo stare con le finestre chiuse anche per non far entrare gli odori di soffritti e fritti che esalano dai tanti ristoranti che sono sulla piazza! Per non parlare degli slalom che dobbiamo fare per camminare tra bancarelle, ambulanti abusivi e migliaia di turisti che si riversano sulle strade del centro. Dov’è la nostra Firenze? Dov’è la nostra gioia che provavamo nel girare per il centro ed ammirare statue, palazzi, finestre e vetrine ben addobbate? Il mondo è cambiato ed anche i sindaci devono adeguarsi ai cambiamenti ed il nostro Nardella che reputo una bravissima persona ce l’ha messa tutta per uniformarsi a questo cambiamento. Non è facile superare con il sorriso e la gentilezza le mille richieste, denunce, contestazioni che ogni giorno arrivano in Comune. Noi resistiamo e non abbandoniamo il centro e non credo minimamente che l’attuale formazione di governo possa cambiare qualcosa in meglio. Come lei accenna ai furbi io dico che prima o poi soccomberanno. Luisa Moscogiuri
Caro direttore, lo sprofondamento di Firenze nel degrado è stato da lei ben descritto. Mi permetta però alcune aggiunte sostanziali. Sono infatti degrado il laissez-faire generale, il favore compiaciuto e complice di cui gode chi pretende solo diritti, le troppe norme inefficaci, l’impotenza pratica delle forze dell’ordine, l’arroganza di certe vecchie e nuove etnie e, last but not least, l’indolente produttività della corporazione dei vigili urbani (Firenze ne stipendia oltre 800, per lo più invisibili), spalleggiati dai loro insensati sindacati. È appunto di questi giorni la ridicola vertenza contro il Comune accusato di voler assumere giovani un po’ atletici. Meglio evidentemente, secondo la Cgil, i cinquantenni pastasciuttai e senza fiato resi celebri da Aldo Fabrizi nell’epico
Guardie e ladri. Dimenticavo: degrado, e quanto, è anche la terrificante, sedicente opera d’arte che da decenni inquina piazza Beccaria davanti all’Archivio di Stato. Sfido chiunque a ricordarne titolo e autore. Riccardo Catola
Caro direttore, ho letto con attenzione e soddisfazione il suo editoriale sulle mille e più forme di degrado che investono la nostra e tante altre città italiane di questi tempi. Se volessimo sintetizzare in un solo concetto il condivisibile elenco di «esempi» di degrado che lei ha stilato, potremmo dire che è degrado ogni qual volta si avalla la pessima consuetudine di fregarsene bellamente del bene comune, dimenticando che l’anima di una città si preserva solo se ogni suo cittadino la sente propria in tutto e per tutto e se ne prende cura come se fosse casa sua. L’abbandono dei rifiuti, le auto lasciate dovunque, ne sono plastiche rappresentazioni. Sono un cittadino che ha sempre votato il centrosinistra, armandosi di pazienza, ma so riconoscere dove finiscono le responsabilità di chi ci amministra e iniziano le nostre, dei fiorentini, tutti. Il degrado, e la lotta contro di esso, non hanno colore politico. Non so, sinceramente, se ci sia una ricetta anti degrado. So che io non butto cartacce per terra, mi sposto in bicicletta e non in auto, non manco di rispetto al prossimo, non faccio chiasso per strada. So anche che per sconfiggere il degrado purtroppo non bastano le (buone) idee, ma servono ( tanti) investimenti: nel trasporto, nel verde, nell’illuminazione, nei vigili urbani e nella manutenzione stradale, nella creazione di eventi di aggregazione organizzati e «pensati» che restituiscano un’immagine pulita, vincente, responsabile e «serena» della città. Ma in questi tempi di crisi, non bastano gli investimenti pubblici. Occorre andare oltre le scarse forze delle finanze comunali. Cosa bisogna fare per convincere imprenditori e titolari di rendite a dare il loro contributo? Lettera firmata