IL DILEMMA DI NARDELLA & C.
Firenze, il prossimo anno, sarà al centro di uno scontro decisivo fra ciò che resta della sinistra toscana e il tentativo della destra e dei seguaci di Grillo di porre fine, una volta per tutte, a un lungo predominio iniziato nel dopoguerra e continuato fino a oggi (meglio a ieri). Se il centrosinistra perdesse, dopo tante altre città toscane (da ultimo Pisa, Siena e Massa) anche la capitale della Regione, il significato di tutto ciò assumerebbe un valore nazionale indiscutibile. Lo sa la Lega di Salvini, lo sa il centrodestra, lo sanno i 5s, tanto è vero che da parte loro cominciano a intravedersi i primi segnali di movimento e di preparazione che, a differenza di quanto accadeva con il centrodestra di Denis Verdini, non saranno rimandati all’ultimo momento, tanto per essere più sicuri di perdere. Dario Nardella, con la sua seconda candidatura per Palazzo Vecchio, e con lui il Pd si troveranno a sostenere una sfida politica di assoluto rilievo, non solo amministrativa. Allo stato dell’arte non è dato sapere in che modo Nardella e il suo partito si presenteranno all’appuntamento con le urne nella prossima primavera, mentre l’infinita campagna elettorale in corso in Italia non consentirà loro di giocare una partita solo all’interno dei risultati di governo locale, positivi o negativi che li si voglia giudicare. Una prima possibilità è quella di considerare Firenze come l’immagine da salvaguardare in ogni modo di un Pd, che in questa città ha vissuto alcune delle esperienze politiche più significative, anche se discutibili, degli ultimi anni. Si tratterebbe di una ripartenza e di una sfida al vento negativo che soffia di questi tempi intorno al partito che fu di Renzi e che, al momento, non si sa più di chi sia e che ruolo possa avere nel prossimo futuro. Un atto di orgoglio che a Firenze un senso lo potrebbe avere, se fosse sostenuto da una capacità di leadership adeguata e da un partito convinto di rischiare in nome di un nuovo progetto riformista e di una nuova cultura politica da offrire al Paese. Sul momento non è però in alcun modo comprensibile ciò che potrà avvenire nel Pd, né per quanto riguarda le ambizioni del vecchio gruppo intorno a Renzi, né per quelle degli avversari: per ora è pura stagnazione. Un’altra strada, in netta opposizione a quella che abbiamo prima indicato, potrebbe essere definita da una sorta di annullamento del Pd, nascondendolo dietro il simbolo di una lista civica di centrosinistra.
Una strada assai rischiosa e potenzialmente perdente, a giudizio di chi scrive, in una città che anche nella sconfitta del 4 marzo ha consentito al Pd di resistere in controtendenza. Resta un’ultima opzione per Dario Nardella: mantenere la lista del Pd, affiancandola con più liste civiche. Può sembrare la soluzione più facile, ma anch’essa non lo è, poiché sarebbero necessari compromessi. Non c’è tempo da perdere per il Pd e Nardella nel rendere chiaro in che modo vogliono presentarsi alle prossime prove elettorali in Europa e in Italia, mentre tanti cittadini si aspettano che comunque, da qualche parte, si rifaccia viva un’opposizione degna di tale nome.