UNA MADONNA CHE INQUIETA (TRA I COLORI)
Charles Szymkowicz , vallone nativo di Charleroi, che oggi ha settant’anni tondi, ha finalmente realizzato il suo sogno. Da anni desiderava suggellare con un suo drappellone il rapporto viscerale che lo lega a Siena e alla sua terra.
È stata l’amicizia con Leo Ferré ad instillargli un’attrazione sempre più coinvolgente per un’arcaizzante civiltà, che mischia asprezza ed eleganza.
Dopo mostre, incontri e ostinate prove ecco svelata la sua opera. Charles ha immesso nello stendardo il vigore del suo stile. Non ha rinunciato alla plastica densità di colori che formano grumi e sbalzi di livello. Ma la gestualità che vi trasapare è più rattenuta del consueto, quasi che il soggetto avesse invitato a una maggior pacatezza compositiva. La cifra della vistosa immagine della fiammeggiante Assunta è quella prediletta del ritratto. Sfoggia lineamenti marcati e l’energia terrestre di chi ha conosciuto sofferenze e fatiche. Si staglia contro il cielo, ma non ha spiccato il volo: è una creatura solenne e materna, monumentale e quotidiana, non rassicurante. L’Assunta è immobile in un’iconica severità e cattura con uno sguardo inquietante. Nel mondo di Szymkowicz la luce evoca drammi e ferite. Il neoespressionismo di fondo, ereditato da tanti autori fiamminghi — James Ensor e Constant Permeke sono i primi nomi che vengono in mente — ha assimilato la lezione di autori più recenti. Folgorante fu l’incontro intellettuale, nel 1963, con Renato Guttuso: ebbe il peso di una scoperta mai dimenticata, indicò la strada da percorrere. Ed Enrico Crispolti ha più volte rimarcato il timbro realista che muove da allora l’opera di un umanesimo vitale e ribelle. Charles rese visita di persona a Guttuso recandosi all’atelier di Velate proprio nel 1972, l’anno dopo che il pittore siciliano dipinse il drappellone che sconvolse l’iconografia depositata. Nel drappellone di oggi la Madonna che si erge sullo sfondo della cupola del Duomo e della Torre del Mangia e tiene tra le mani — in dono? —un bianco cavallo che allude allo spasmodico agonismo della contesa. Audace e un po’ lambiccata invenzione, che replica a suo modo una figura diventata (impropriamente) quasi obbligatoria. Se ne potrebbe fare a meno. Il Palio non è una corsa di cavalli, non è un’arrovellata pagina di ippica sportiva. Sopravvive come rustico e aristocratico trionfo cittadino. Protagoniste ne sono le Contrade, la cui araldica dà qui vibrazioni caleidoscopiche in un girasole, omaggio a van Gogh e alla sua abbagliante visionarietà. Nella festa di mezz’agosto è esaltato il potere di una capitale e la feracità della campagna che la circuisce. Era questo — è — il tempo della rituale devozione e del meritato riposo. Le giocose divisioni son resuscitate per rinsaldare il senso di una comune appartenenza. E Szymkowicz ne ha proposto a emblema un gigantesco simulacro popolare dai colori acidi, impressionante e violento.
A lezione da...
Folgorante fu l’incontro intellettuale, nel 1963, con Renato Guttuso che gli indicò la strada da percorrere