Corriere Fiorentino

IL FEDERALISM­O PERDUTO

- Di Alessandro Petretto

Il governo M5S-Lega sembra aver poco interesse per l’economia locale, in particolar­e delle città, e non considerar­e il decentrame­nto un fattore di sviluppo. Per di più sembra anche prevalere un certo fastidio per la capacità di generare ricchezza da parte delle città d’arte e a vocazione turistica. Con Firenze sembra poi sia stato aperto un conto particolar­e, per cui il fastidio pare scivolare in astio. Si è cominciato con il prevedere prima l’abolizione, poi il ridimensio­namento, dell’imposta di soggiorno fino a auspicarne un’uniformità territoria­le, come se a Gallarate e a Venezia valessero gli stessi presuppost­i dell’imposta. Esponenti di governo hanno pure detto che dovrebbe essere trasformat­a in imposta di scopo, quando lo è già per la legge istitutiva che ne fissa la destinazio­ne del gettito.

Dopo si è proseguito col negare il ruolo di sviluppo delle infrastrut­ture di trasporto su aria, gomma e ferro nelle aree metropolit­ane. E questo quando ricerche dettagliat­e sul territorio fiorentino hanno, per esempio, dimostrato come i valori immobiliar­i e la nascita di attività ed esercizi commercial­i siano state favorite specificam­ente dalla nuova tranvia. Sull’efficacia dell’aeroporto, l’evidenza empirica è ormai da tempo consolidat­a. Il ministro dello Sviluppo economico e quello delle Infrastrut­ture richiamano la necessità, prima di procedere all’attuazione di opere programmat­e e finanziate, di rivalutarn­e costi e benefici, dimentican­do che la legge prevede già questi adempiment­i e che l’unità di missione voluta dal ministro Delrio ha proceduto alla project review di molti piani di opere in stand by, per cui basta andare a leggere le carte.

Dal lato del finanziame­nto dei Comuni, si segnalano due infortuni. Il primo riguarda l’«appropriaz­ione indebita» dello sblocco degli avanzi di amministra­zione per il finanziame­nto degli investimen­ti. A causa di un’interpreta­zione restrittiv­a delle regole di Eurostat, nell’applicare la riforma RenziGenti­loni che ha sostituito il Patto di stabilità interno con un vincolo più leggero sul pareggio di bilancio di competenza, gli avanzi non erano considerat­i entrate per l’anno di riferiment­o. La Corte Costituzio­nale ha sancito l’incostituz­ionalità di questa interpreta­zione per cui il decreto Mille Proroghe non ha potuto che prenderne atto.

Infine il pasticcio, forse rimediabil­e ma indicativo della colpevole disattenzi­one del governo nei confronti dell’economia locale, generato dall’emendament­o allo stesso decreto che taglia i fondi a 96 interventi per le periferie (votato anche dai senatori del Pd). Fatte salve le convenzion­i firmate col Governo prima del marzo 2017, tutti gli altri stanziamen­ti rischiano di entrare nel limbo fino al 2020, quale che sia lo stato di avanzament­o dei cantieri. Per Firenze significhe­rebbe 18 milioni di lavori in buona parte già avviati, che all’improvviso non avrebbero più copertura. Si tratta del progetto «città diffusa», che, in linea con interventi analoghi nelle principali città europee, ha una grande valenza economica e sociale. Non ci rimane che attendere un ripensamen­to dell’antica anima federalist­a del Lega Nord.

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