IL FEDERALISMO PERDUTO
Il governo M5S-Lega sembra aver poco interesse per l’economia locale, in particolare delle città, e non considerare il decentramento un fattore di sviluppo. Per di più sembra anche prevalere un certo fastidio per la capacità di generare ricchezza da parte delle città d’arte e a vocazione turistica. Con Firenze sembra poi sia stato aperto un conto particolare, per cui il fastidio pare scivolare in astio. Si è cominciato con il prevedere prima l’abolizione, poi il ridimensionamento, dell’imposta di soggiorno fino a auspicarne un’uniformità territoriale, come se a Gallarate e a Venezia valessero gli stessi presupposti dell’imposta. Esponenti di governo hanno pure detto che dovrebbe essere trasformata in imposta di scopo, quando lo è già per la legge istitutiva che ne fissa la destinazione del gettito.
Dopo si è proseguito col negare il ruolo di sviluppo delle infrastrutture di trasporto su aria, gomma e ferro nelle aree metropolitane. E questo quando ricerche dettagliate sul territorio fiorentino hanno, per esempio, dimostrato come i valori immobiliari e la nascita di attività ed esercizi commerciali siano state favorite specificamente dalla nuova tranvia. Sull’efficacia dell’aeroporto, l’evidenza empirica è ormai da tempo consolidata. Il ministro dello Sviluppo economico e quello delle Infrastrutture richiamano la necessità, prima di procedere all’attuazione di opere programmate e finanziate, di rivalutarne costi e benefici, dimenticando che la legge prevede già questi adempimenti e che l’unità di missione voluta dal ministro Delrio ha proceduto alla project review di molti piani di opere in stand by, per cui basta andare a leggere le carte.
Dal lato del finanziamento dei Comuni, si segnalano due infortuni. Il primo riguarda l’«appropriazione indebita» dello sblocco degli avanzi di amministrazione per il finanziamento degli investimenti. A causa di un’interpretazione restrittiva delle regole di Eurostat, nell’applicare la riforma RenziGentiloni che ha sostituito il Patto di stabilità interno con un vincolo più leggero sul pareggio di bilancio di competenza, gli avanzi non erano considerati entrate per l’anno di riferimento. La Corte Costituzionale ha sancito l’incostituzionalità di questa interpretazione per cui il decreto Mille Proroghe non ha potuto che prenderne atto.
Infine il pasticcio, forse rimediabile ma indicativo della colpevole disattenzione del governo nei confronti dell’economia locale, generato dall’emendamento allo stesso decreto che taglia i fondi a 96 interventi per le periferie (votato anche dai senatori del Pd). Fatte salve le convenzioni firmate col Governo prima del marzo 2017, tutti gli altri stanziamenti rischiano di entrare nel limbo fino al 2020, quale che sia lo stato di avanzamento dei cantieri. Per Firenze significherebbe 18 milioni di lavori in buona parte già avviati, che all’improvviso non avrebbero più copertura. Si tratta del progetto «città diffusa», che, in linea con interventi analoghi nelle principali città europee, ha una grande valenza economica e sociale. Non ci rimane che attendere un ripensamento dell’antica anima federalista del Lega Nord.