Il coach in Africa che insegna basket e sogni
Ferradini, da Empoli al Kenya: «Borse di studio a chi vince i tornei»
Il campo da basket sorge in una zona dove un tempo c’era una discarica, a Nairobi, in Kenya; tra le baraccopoli, l’allenatore della squadra femminile, Use Empoli, Mario Ferradini, insegna a giovani africani come si gioca a basket, ma anche come si può continuare a sperare e a sognare. Il progetto, Slums Dunk, prevede borse di studio anche all’estero.
Ci sono mani che palleggiano sogni e gambe sottili che un giorno vorrebbero scappare via lontano. Ci sono un rettangolo di cemento e un canestro nello slum di Mathare, baraccopoli alla periferia di Nairobi, Kenya. Qui, dove la vita è una sfida quotidiana alla povertà e al degrado, imbucare un anello con la palla a spicchi diventa un modo per sopravvivere. Qui è arrivata la pallacanestro.
Un «conduttore» è anche lui, Mario Ferradini, empolese di 59 anni, diplomato ISEF e assistente allenatore sulla panchina dell’Use Empoli femminile, neopromossa in A/1. Da quattro anni ha scelto l’Africa per portare un contributo personale ai bambini più sfortunati, aggregandosi d’estate al progetto Slums Dunk, lanciato dal cestista italo-argentino Bruno Cerella.
«In passato ero già stato in Africa due volte insieme a un’associazione di medicidentisti operando in ambulatori sperduti della savana — racconta Ferradini, da poco rientrato dall’ultimo viaggio — Amo questo continente, e quando nel 2015 si è presentata l’occasione di aderire al progetto Slums Dunk, sono partito. Ma non voglio passare da missionario: aiuto gli altri facendo ciò che mi piace. Il bello dell’Africa è che se hai voglia di dare una mano, c’è sempre spazio per te». «Il campo da basket sorge nella zona dove un tempo c’era una discarica biologica — continua — Le lezioni durano 3-4 ore al giorno e coinvolgono giovani dai 7 ai 16 anni, di cui il 40% sono femmine. Cerchiamo di farli innamorare di questo sport e di farli sognare. Organizziamo tornei dove in palio ci sono borse di studio per le high school africane o straniere. Quest’anno una di queste borse è stata vinta da Teddy Ochieng. Quattro anni fa era un atleta goffo e sgraziato. Per poco non spaccò un tabellone cercando di aggrapparsi al ferro. Adesso è bravissimo, andrà a studiare negli Stati Uniti».
Ma non c’è soltanto la parte ludica: «Accanto al campo da pallacanestro c’è anche la scuola — continua Ferradini — Noi allenatori viviamo in una guest house ricavata da un ex ospedale. La situazione è molto difficile, l’esodo verso le aree urbane è un processo irreversibile. Intorno a Nairobi esistono 20 slums che assorbono il 60% della popolazione della città. Persone costrette a vivere in condizioni pazzesche di sovraffollamento».
Dentro la valigia che Mario prepara per il Kenya, quest’estate sono finite anche le maglie dell’Use Empoli, il suo club: «I ragazzi non hanno abbigliamento sportivo; ogni volta, nel mio discorso di commiato ripeto la stessa cosa: ciò che ho imparato io da voi è più di quello che voi avete imparato da me»