Corriere Fiorentino

«Qui, tra le auto ridotte come lattine»

I SOCCORRITO­RI

- Centi

«Non ci si abitua mai. E questo non lo avevamo mai visto. Come lattine, le auto come lattine». Fino all’ultimo respiro, fino all’ultima speranza, a cercare superstiti sotto le macerie del Ponte Morandi, tra gli oltre 250 vigili del fuoco attivati a Genova, ci sono gli Usar (Urban search and rescue, specializz­ati nelle ricerche sotto le macerie) della Toscana, 36 partiti ieri — gli eroi di Rigopiano — ma già martedì erano partiti da Livorno e due squadre da 9 persone da Pistoia e Prato, e da qui sono arrivati anche i cinofili. Veterani, come Fabio Zipoli, che ha affrontato i terremoti dell’Aquila, del Centro Italia e dell’Emilia Romagna, alle spalle 28 anni di servizio. Fianco a fianco con i più giovani, chi queste tragedie non le ha mai viste. Ieri sono stati attivati appunto gli Usar toscani al completo, ci sono da trovare ancora «tra i 10 e i 20 dispersi», come detto dal procurator­e di Genova, Francesco Cozzi.

«Cerchiamo di starci vicini, stiamo attenti a chi queste esperienze non le ha mai fatte, soprattutt­o nel tempo». I vigili del fuoco sono addestrati, c’è l’adrenalina, ma poi, con i giorni che passano, riaffioran­o «i ricordi, le suggestion­i, cose che non pensi ti siano rimaste dentro, invece ci sono». Come i quattro corpi recuperati, sulla sponda del Polcevera lato via Per- lasca, lì dove il cemento ha sfiorato le case, in via Perrone. I primi toscani sono arrivati qui intorno alle 17.30 martedì, e fino alla mattina dopo alle 6.30 non si sono mi fermati.

«Ci sono volute ore per tirarli fuori — dice Zipoli — Non basta solo trovarli. E anche se non sono più in vita, li portiamo via da lì, in tutti i modi». Perché una risposta, ai parenti, quei vigili del fuoco su cui tutti fanno affidament­o, gliela devono dare. Ma il miracolo di trovare qualcuno ancora vivo, ancora non c’è stato.

Genitori, fratelli, amici, che aspettano in silenzio alle cappelle mortuarie dell’ospedale San Martino, con gli abiti sulle grucce e le scarpe nelle scatole. Arrivano piano piano, in silenzio, i furgoncini delle onoranze funebri. Scaricano bare. Gli occhi lucidi anche sui volti di qualche medico, che esce ogni tanto. Fuori, nel piazzale, tra i parenti, qualcuno accusa dei malori. Una signora sviene, un uomo dà di stomaco. Nessuno perde la calma, nessuno si arrabbia. Tra lo sgomento e la speranza. Li cercano fino alla fine. «Qui c’è un telefono che suona», diceva una poliziotta al collega, mentre portavano via sacchi di effetti personali dalla scena del disastro. «Anche qui», aveva risposto martedì l’agente. Adesso quei telefoni non suonano più. Dopo l’ennesimo corpo estratto dalle macerie sul Polcevera si sentono sono le escavatric­i e le gru, che spostano i pezzi del ponte Morandi, a strati.

«Non si sentono più voci, non abbiamo sentito più nessuno». L’ingegnere dei vigili del fuoco Bianca Maria Cristini, del centro comunicazi­one nazionale, risponde con poche parole. Ma i vigili del fuoco non smettono di cercare. «Andiamo a controllar­e con i cani via via che spostano i pezzi — dice Cesar Luca Martino, della squadra cinofili di Prato — se il cane dà il segnale, ne mandiamo un altro a verificare, poi procediamo al recupero». Il cane è Foglia, una breton di tre anni. È con Luca da sempre, lui è il conduttore, sarebbero in due, ma oramai sono diventati una cosa sola. «Abbiamo fatto un turno di sei ore — spiega Luca mentre Foglia si fa meritatame­nte coccolare — ci siamo calati dalla scala con la tecnica zaino, molto sempliceme­nte con il cane sulle spalle imbracato. Martedì invece ci portavano con l’elicottero. La situazione è estrema, tonnellate di cemento, travi, cavi, è difficile anche per i cani, entrare in quelle viscere». Foglia è alla prima missione. È stata addestrata e certificat­a a Torino, sia per le ricerche in superficie che tra macerie, con un corso di nove mesi.

Zipoli ammette, che non aveva mai visto una distruzion­e del genere. «Se cede una casa, il peso che ti ritrovi addosso è minimo in confronto. Qui si parla di cemento che cade dall’alto. Sono tonnellate di cemento, un peso mai visto». Sulla sponda del Polcevera c’è ancora la prima scaletta di corda che hanno usato per calarsi nel greto del torrente i poliziotti della caserma Bolzaneto. Lo raccontano ancora con il fango sulla fondina delle pistole. Loro, insieme ai vigili del fuoco intervenut­i subito, qualcuno ancora vivo lo hanno estratto dalle lamiere delle auto. I nostri vigili del fuoco, dalla Toscana, non ci sono riusciti. La speranza però non la perdono mai. Verso le 19, Alessandro Susini e i 35 nuovi vigili del fuoco toscani sono arrivati. Ha solo la forza di dire «è un momentacci­o». Stanno lavorando, stanno cercando.

 Non ci si abitua mai e questo non lo avevamo mai visto Come lattine, le auto sono come lattine Cerchiamo di starci vicini, stiamo attenti a chi queste esperienze non le ha mai fatte

Ci sono volute ore per tirare fuori le vittime del crollo Non basta solo trovarli, e anche se non sono più in vita li portiamo via da lì in tutti i modi Le famiglie devono avere una risposta

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Alcuni volontari della Croce Rossa impegnati nella ricerca delle vittime tra le macerie del ponte
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Foglia, breton di tre anni, impegnato nei soccorsi con Cesar Luca Martino, conduttore. Foglia è alla sua prima missione Sotto altri soccoritor­i al lavoro nelle macerie di genova

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