INUTILI? NO, MA PER SALVARLE BISOGNA CAMBIARE
Caro direttore, a qualche settimana dalle dichiarazioni di Davide Casaleggio sono possibili alcune riflessioni a mente fredda. Casaleggio junior ha dichiarato che il Parlamento è un’idea vecchia e che fra qualche lustro sarà possibile farne a meno: la formazione della volontà generale dello Stato potrà essere affidata a consultazioni dirette di cittadini attraverso il web. Le opposizioni (Forza Italia) hanno dato la colpa al caldo, altri (Pd) hanno rievocato Mussolini. La difesa del Parlamento, però, non può essere l’apologia di un’idea astratta ma la dimostrazione della utilità concreta di questa istituzione. I 900 emendamenti presentati al Decreto dignità servono per aumentare questa percezione? E migliorerà quando questi emendamenti saranno fucilati dalla maggioranza giallo-verde? La discussione sul Ceta (il trattato di libero scambio Italia-Canada), che trasforma un trattato internazionale di migliaia di pagine nell’oggetto di un plebiscito parlamentare, non è la dimostrazione che il Parlamento non ha saputo svolgere la propria funzione di indirizzo quando questo trattato veniva discusso? La stessa polemica delle costituzionaliste, che hanno lanciato una petizione online per il rispetto della parità di genere prevista dall’articolo 51 della Costituzione (dopo l’elezione da parte del Parlamento di 20 uomini negli organi di autogoverno delle magistrature e di un maschio alla Corte costituzionale) mostra un Parlamento incapace di farsi amare dalla società civile. Casaleggio, su questo palcoscenico, ha buon gioco. Ma il cuore della provocazione di Casaleggio non è né la polemica antiparlamentare né la difficoltà di difendere in concreto una storia antica e, anche in Italia, non sempre nobile: è il progetto di una democrazia in cui la volontà generale dello Stato si forma attraverso i meccanismi del web. In rete, i cittadini si chiamano follower, tribù che seguono i propri influencer. In questa democrazia, la formazione della volontà generale dello Stato abbandonerebbe i partiti politici, sarebbe condizionata da influencer in grado di concorrere a determinare gli esiti di una competizione elettorale, come ora fanno lo youtuber PewDiePie sui videogiochi o la Ferragni sulla moda. Se la democrazia dei parlamenti nazionali ha fatto il proprio tempo, la democrazia degli influencer non sarebbe simile alla Svizzera in cui una forma di governo direttoriale si confronta stabilmente con la democrazia diretta attraverso referendum. Il vero futuro del Parlamento passa della sua capacità di lavoro e di coinvolgimento dei cittadini nella costruzione dei valori che vengono trasformati in volontà generale dello Stato attraverso la funzione legislativa. Difendere il Parlamento è studiare la sua possibilità di essere un efficace correttivo alla democrazia degli influencer, spesso composta da un cocktail di demagogia e bufale, funzionando come canale di espressione di un dibattito serio e informato al quale i cittadini possono guardare per avere un’idea dei problemi che vengono affrontati e dei valori che vengono utilizzati per risolverli. Se il Parlamento si arrocca nella difesa della democrazia rappresentativa potrebbe non esistere un futuro per la democrazia in generale. Se, invece, il Parlamento accetta la sfida lanciata dalla polemica di Casaleggio, forse, potremo immaginare una democrazia molto più efficiente e soprattutto coinvolgente. Perché il vero nemico della democrazia è la noia e il nostro Parlamento, sotto questo aspetto, assomiglia a una partita di tennis in bianco e nero in un pomeriggio d’estate.