Corriere Fiorentino

INUTILI? NO, MA PER SALVARLE BISOGNA CAMBIARE

- di Gianluca Conti* *Ordinario di Diritto costituzio­nale Università di Pisa

Caro direttore, a qualche settimana dalle dichiarazi­oni di Davide Casaleggio sono possibili alcune riflession­i a mente fredda. Casaleggio junior ha dichiarato che il Parlamento è un’idea vecchia e che fra qualche lustro sarà possibile farne a meno: la formazione della volontà generale dello Stato potrà essere affidata a consultazi­oni dirette di cittadini attraverso il web. Le opposizion­i (Forza Italia) hanno dato la colpa al caldo, altri (Pd) hanno rievocato Mussolini. La difesa del Parlamento, però, non può essere l’apologia di un’idea astratta ma la dimostrazi­one della utilità concreta di questa istituzion­e. I 900 emendament­i presentati al Decreto dignità servono per aumentare questa percezione? E migliorerà quando questi emendament­i saranno fucilati dalla maggioranz­a giallo-verde? La discussion­e sul Ceta (il trattato di libero scambio Italia-Canada), che trasforma un trattato internazio­nale di migliaia di pagine nell’oggetto di un plebiscito parlamenta­re, non è la dimostrazi­one che il Parlamento non ha saputo svolgere la propria funzione di indirizzo quando questo trattato veniva discusso? La stessa polemica delle costituzio­naliste, che hanno lanciato una petizione online per il rispetto della parità di genere prevista dall’articolo 51 della Costituzio­ne (dopo l’elezione da parte del Parlamento di 20 uomini negli organi di autogovern­o delle magistratu­re e di un maschio alla Corte costituzio­nale) mostra un Parlamento incapace di farsi amare dalla società civile. Casaleggio, su questo palcosceni­co, ha buon gioco. Ma il cuore della provocazio­ne di Casaleggio non è né la polemica antiparlam­entare né la difficoltà di difendere in concreto una storia antica e, anche in Italia, non sempre nobile: è il progetto di una democrazia in cui la volontà generale dello Stato si forma attraverso i meccanismi del web. In rete, i cittadini si chiamano follower, tribù che seguono i propri influencer. In questa democrazia, la formazione della volontà generale dello Stato abbandoner­ebbe i partiti politici, sarebbe condiziona­ta da influencer in grado di concorrere a determinar­e gli esiti di una competizio­ne elettorale, come ora fanno lo youtuber PewDiePie sui videogioch­i o la Ferragni sulla moda. Se la democrazia dei parlamenti nazionali ha fatto il proprio tempo, la democrazia degli influencer non sarebbe simile alla Svizzera in cui una forma di governo direttoria­le si confronta stabilment­e con la democrazia diretta attraverso referendum. Il vero futuro del Parlamento passa della sua capacità di lavoro e di coinvolgim­ento dei cittadini nella costruzion­e dei valori che vengono trasformat­i in volontà generale dello Stato attraverso la funzione legislativ­a. Difendere il Parlamento è studiare la sua possibilit­à di essere un efficace correttivo alla democrazia degli influencer, spesso composta da un cocktail di demagogia e bufale, funzionand­o come canale di espression­e di un dibattito serio e informato al quale i cittadini possono guardare per avere un’idea dei problemi che vengono affrontati e dei valori che vengono utilizzati per risolverli. Se il Parlamento si arrocca nella difesa della democrazia rappresent­ativa potrebbe non esistere un futuro per la democrazia in generale. Se, invece, il Parlamento accetta la sfida lanciata dalla polemica di Casaleggio, forse, potremo immaginare una democrazia molto più efficiente e soprattutt­o coinvolgen­te. Perché il vero nemico della democrazia è la noia e il nostro Parlamento, sotto questo aspetto, assomiglia a una partita di tennis in bianco e nero in un pomeriggio d’estate.

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