Isolati sull’isola: il matrimonio, le liti e poi la fuga
In paese si conoscono tutti e a nessuno poteva sfuggire che quella ragazza di buona famiglia, a un certo punto, era cambiata. Aveva iniziato a trascurare le amicizie di un tempo, ad assumere un atteggiamento conflittuale con i parenti più stretti, era diventata chiusa e, talvolta, aggressiva senza ragione. In molti, i più, non andavano per il sottile e, come si usa fare nelle piccole comunità, risolvevano l’equazione subito dopo averla impostata: da quando aveva intrecciato una relazione con quel giovane originario del Marocco, carattere ribelle a usare un eufemismo, non era più lei. Si era convertita alla religione islamica ed erano affiorati lati caratteriali di cui nessuno sospettava l’esistenza, neppure la madre con la quale viveva dopo la separazione dei genitori. Viste le premesse e nonostante il legame affettivo, l’unione tra i due coetanei — entrambi di 27 anni — non è mai stata semplice. La mamma di lei, ora molto provata, aveva fatto di tutto pur di evitare che la relazione si consolidasse. Fin dall’inizio si era mostrata contraria, cercando di dissuadere la figlia non perché il giovane appartenesse a un’altra religione o provenisse dall’altra sponda del Mediterraneo, quanto per il motivo che tutti lo conoscevano come un tipo incline alla violenza ed era noto alle forze dell’ordine. Ma niente da fare. I due, ormai, avevano deciso di sposarsi con rito civile e, complice la nascita della bambina, anche la nonna si era ammorbidita, finendo per accettare la situazione. Ma l’armonia non durava l’arco di una stagione. I contrasti che parevano sopiti, subito si ridestavano: lui non aveva un lavoro però gli servivano i soldi, lei cercava un alloggio per la sua nuova famiglia però non riusciva a trovarlo. Intorno a loro il vuoto, soprattutto dopo che l’uomo aveva minacciato la suocera: nessuno, nonostante che la donna si prodigasse dimenticando le tensioni e mettendo in gioco anche il suo buon nome, era disposto ad affittare una casa. Così era stato il sindaco del paese a dover intervenire, dopo che in Comune il marito aveva provato a intimidire alcuni dipendenti comunali e alla moglie avevano ceduto i nervi durante un colloquio. «D’altronde che possiamo farci — dicono dall’amministrazione — abbiamo una graduatoria. Ci sono degli alloggi, ma per assegnarli dobbiamo rispettare un ordine e dei criteri». L’amministrazione comunale aveva trovato per la coppia una sistemazione provvisoria, in un bell’albergo circondato dal verde. Ma le intemperanze e la precarietà della situazione avevano allertato i servizi sociali, nei paesi capaci di monitorare persino quel che succede nei rioni. Tanto più che la nascita della bambina, nel marzo scorso, aveva reso indispensabile un intervento immediato, visto che persino il padre di lei si era detto disponibile a ospitare la figlia e la nipotina, ma non il genero. Il resto è storia recente, con il caso che nemmeno a farlo apposta si accanisce sui più fragili e indifesi: la bambina nasce con una grave malformazione. Per non comprometterne la crescita serve un’operazione immediata, ma i genitori non sembrano in grado di provvedere. Così il giudice per il tribunale dei minori di Firenze ordina — era il 13 luglio — l’affidamento della piccola ai servizi sociali per il trasferimento assieme alla madre in un centro di assistenza in vista dell’intervento chirurgico, fissato per il 24 luglio all’ospedale Meyer. Il rapimento della piccola e la fuga in Francia vanificano ogni cosa. Ora all’Elba, perché è sull’Isola che tutta questa vicenda si è svolta, l’incredulità va di pari passo alla costernazione. «Prima o poi le differenze culturali affiorano», è il commento più diffuso in paese. Mentre tutti, perlomeno tanti abbracciano idealmente quella mamma lungimirante, ora più sola di sempre.
Crescendo
La giovane mamma si era allontanata dagli amici, lui aveva minacciato la suocera