Corriere Fiorentino

Adriano l’astronauta, sulla luna con un gol

I quaranta giorni dell’attaccante brasiliano, nell’anno del fallimento

- David Guetta

Per celebrare il suo primo gol in viola venne addirittur­a scomodato Neil Amstrong e la sua frase entrata nella storia: «un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità». Qui non si trattava di conquistar­e la luna, ma molto più modestamen­te di aver conquistat­o a Verona un punticino che permetteva ancora di sperare di lottare per la salvezza.

E l’astronauta della traballant­e navicella viola era il ventenne Leite Ribeiro Adriano, un ragazzone di 189 centimetri per 87 chili, che però nel giro di qualche anno sarebbero diventati 100 e forse più. Quel giorno di 16 anni fa a Verona era tutto un guizzare di muscoli, una potenza esplosiva che era già stata avvistata in estate, con un gol formidabil­e segnato in amichevole al Real Madrid con la maglia dell’Inter.

Arrivò un po’ spaesato a Firenze proprio nei giorni in cui Mancini, attuale allenatore della Nazionale, scappava via adducendo come scusa un incontro notturno particolar­mente acceso con un gruppo di tifosi. Povera Fiorentina, dissanguat­a da giocatori e dirigenti senza scrupoli, con quella maglia così gloriosa impreziosi­ta pure dallo stemma della Coppa Italia vinta pochi mesi prima. Ma ecco profilarsi all’orizzonte il cavaliere nero, per l’appunto Adriano, che per una quarantina di giorni sembrò davvero l’uomo della provvidenz­a calcistica, paracaduta­to in zona stadio per evitare l’onta della seconda retrocessi­one in nove anni.

E l’inizio fu folgorante perché quel marcantoni­o di centravant­i dai piedi ben educati non sapevano come tenerlo. Il Chievo veleggiava tra la sorpresa generale nei piani altissimi della classifica, l’accoppiata centrale difensiva era costituita da D’Angelo e dall’attuale allenatore D’Anna, scaricato dalla Fiorentina sette anni prima.

Adriano andava via a tutti e due che era una bellezza, reggendo i colpi più o meno leciti dei suoi angeli custodi e regalando così palpiti di speranza all’esausto popolo fiorentino in trasferta al Bentegodi. A tre minuti dalla fine proprio D’Anna portò in vantaggio il Chievo e mentre si delineava l’ennesima sconfitta il prode Adriano sgusciò come un’anguilla e la mise dentro facendo impazzire in panchina l’ottimo Chiarugi, che nell’euforia generale a fine partita si esibì nella suddetta citazione lunaria. Tutti quindi a coccolarsi Adriano, che concesse il bis una settimana dopo contro il Milan, un’altra volta a tempo scaduto, e poi contro Roma e Juventus. Quattro gol che non bastarono a evitare il disastro. Mentre tutto precipitav­a con le sceneggiat­e dei vari Rossi, Morfeo e Nuno Gomes, il ragazzone brasiliano aveva comunque cominciato ad ambientars­i a Firenze, specialmen­te da mezzanotte in poi, e partita dopo partita planò sulla mediocrità dei compagni. Se ne andò per fine prestito a Parma tra l’indifferen­za anche perché, a due mesi dal fallimento, c’erano purtroppo cose ben più importanti a cui pensare.

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