QUANTE TINAIA CI SONO IN TOSCANA?
Dietro la riconoscenza dei profughi per sindaca e ministro leghista si nasconde però anche un’altra realtà. L’emergenza sbarchi, che nei mesi di punta ha visto i prefetti, ridotti ad affittacamere con pasti, pietire ovunque sistemazioni per i nuovi arrivati, ha lasciato campo libero a nuove fantasiose manifestazioni dell’italica arte di arrangiarsi. In una nazione in cui erano ormai sature le due tradizionali valvole di sfogo alla disoccupazione, la tentazione di giocare le proprie carte alla fiera dei buoni sentimenti si è fatta irresistibile. Agriturismi in disuso, alberghi senza clienti, rustici fatiscenti hanno conosciuto una seconda giovinezza. E pazienza se negli atri muschiosi uggiva la muffa come in un coro dell’Adelchi: chi non paga di tasca propria di rado protesta. A Cascina qualcosa non ha funzionato. Il confronto surreale fra la sindaca «cattivista» che difendeva i migranti denunciando le magagne del centro e il gestore «buonista» della Tinaia, che li accusava di essersi inventati tutto, si è risolto nella chiusura della struttura. Se nella gestione del centro vi sia stata semplice superficialità, deciderà eventualmente la magistratura. Resta da chiedersi quante Tinaie operino ancora in Toscana, magari accanto a strutture animate da un autentico spirito umanitario.