NÉ BUSINESS NÉ MISERICORDIA
L’accoglienza non può essere né misericordia né business. L’accoglienza è, anzi deve essere, la risposta a un’emergenza. Ispirata da spirito umanitario, certo, che però non può diventare il motore di un’attività economica vera e propria. Un conto è retribuire chi mette a disposizione spazi e servizi per periodi limitati, e un conto è alimentare una rete che pensa, innanzitutto, a far profitti. Perché così lo scopo, e cioè la dignità dei migranti, diventa il mezzo per garantire una catena di interessi.
La conclusione dell’inchiesta aperta dalla Procura di Firenze ci dirà quanto siano fondate le accuse in base alle quali sono stati arrestati due gestori di centri di accoglienza e indagati il presidente di una grande cooperativa e quello di un consorzio di coop che operano in Toscana. Ma un effetto c’è già ed anche molto evidente: la palata di fango che colpisce tutto il mondo della cooperazione sociale. L’appartenenza al mondo cattolico delle realtà e dei personaggi finiti nel mirino della magistratura accentua disagio e sconcerto. Ne trarrà vantaggio Matteo Salvini, che da mesi martella l’opinione pubblica attaccando ogni iniziativa legata al fenomeno dell’immigrazione, per alimentare un consenso che inevitabilmente provocherà un rifiuto crescente di chiunque si profili all’orizzonte. Sul Corriere della Sera di ieri Ernesto Galli Della Loggia invitava la sinistra italiana a darsi una scossa fatta di concretezza, a partire proprio dalla questione dell’immigrazione. E a liberarsi dalla trappola in cui si è lasciata incastrare muovendosi solo ed esclusivamente su un piano etico e astratto. I salvataggi in mare vanno fatti, scriveva Galli, ma perché non riconoscere che l’Italia è finita ostaggio delle organizzazioni libiche di trafficanti di uomini che proditoriamente trasformano quei disperati in naufraghi affinché poi siano portati in salvo nei nostri porti?
E ugualmente, aggiungiamo noi, perché continuare a non tener conto che i 35 euro stanziati dall’Italia per ciascun migrante sono spesi nel 70 per cento dei casi per individui ai quali in seguito non viene riconosciuto lo status di rifugiato e che, una volta fuori dai centri nati nelle varie regioni, scompaiono nel nulla? Sono gli immigrati fantasma che in parte raggiungono altri Paesi e in parte restano qui, in clandestinità, foraggiandosi anche con attività illegali.
Nel frattempo però quei 35 euro hanno impinguato le casse di coloro che con l’immigrazione hanno fatto piccole o grandi fortune.
E perché, ancora, permettere che anche delle Srl possano fare accoglienza? Una domanda da rivolgere in particolare alle cooperative, che hanno una dichiarata finalità sociale. Non sarebbe dunque il caso di ripensare a tutto il sistema prima che la propaganda travolga negli scandali anche associazioni e singoli che meriterebbero solo di essere ringraziati? Nel mondo cattolico, nella Chiesa stessa, si rifletta sul da farsi per evitare veleni e strumentalizzazioni. E la sinistra e il Pd in particolare ripartano da casi come quelli di Signa e Lastra a Signa per cambiare strada se vogliono recuperare la credibilità perduta. Non saranno le fumisterie verbali e le sparate contro la coalizione giallo-verde a riaprire all’opposizione la via del governo. Né a trasformare l’accoglienza in integrazione. Un obiettivo che dovrebbe costituire la vera sfida da lanciare a tutte le forze politiche.