E Pin rimase di stucco davanti alle acrobazie di Pulici
Lo spilungone con ricci a Firenze per 9 anni. Urlò «Ladri!» alla Juventus dai microfoni Rai
Se a vent’anni fai squalificare Bettega per un mese, dopo averlo accusato, evidentemente con qualche buona ragione, di aver chiesto di segnare perché la Juventus rischiava di perdere lo scudetto, non puoi abbatterti troppo se alla terza partita da titolare un attaccante molto più vecchio di te segna due gol in rovesciata e in fotocopia.
Celeste Pin più o meno come De Sciglio col fenomeno Ronaldo: fermo ad ammirare Paolino Pulici, che con acrobazie straordinarie puniva due volte la Fiorentina contro l’Udinese nel settembre di 36 anni fa. «Celeste nostalgia» titolò il glorioso Brivido Sportivo il giorno dopo, e il pensiero corse struggente ed inevitabile al fantastico Vierchwood della stagione precedente, un mostro di difensore che il ragazzo veneto cercava in qualche modo di sostituire.
Una mano avrebbe dovuto dargliela il grande Passarella, che però ci mise qualche mese a capire come funzionava in Italia e che all’inizio sembrava peggio del buon Galbiati. Dietro all’aspetto e al nome gentile batteva però un cuore da guerriero, accompagnato da una gran testa pensante. Il buon Pin non se la prese troppo per gli ingombranti paragoni e si buttò con intelligenza nella realtà fiorentina. Prese casa dalle parti di Porta Romana e in silenzio si mise in ascolto di De Sisti e dei grandi saggi della squadra: Pecci, Antognoni, Graziani e poi dopo Oriali e Gentile fino a diventare saggio pure lui. Girava per la città curioso di capire come funzionassero le cose in quella realtà così diversa dal suo paese nella provincia di Treviso.
Modesto e furbo, riusciva spesso ad ingannare Agroppi che conoscendo i suoi polli, anzi i suoi ragazzi così straripanti di ormoni, ogni sera controllava severamente tutti gli scapoli. Aldo aveva un occhio di riguardo per quel «pennellone» così educato ormai lanciato verso la maturità calcistica e si fidava: Pin si faceva trovare in casa alla telefonata e poi…
Molto oculato fuori dal campo (oggi si occupa di affari immobiliari), era tra i pochissimi nello spogliatoio che capisse di finanza, tanto che trattava personalmente i propri investimenti alla ricerca continua delle migliori condizioni. Quello con la Fiorentina sembrava all’inizio un matrimonio destinato a finire presto e invece durò nove stagioni, compresa quella del furto a Torino nella finale di Coppa Uefa. Casiraghi gli dette una spinta, segnò e dopo la convalida del gol lo prese in giro ricordandogli che loro «erano la Juve». Quando finì la partita, il buon Celeste si avventò sul microfono Rai a bordo campo e in mondovisione urlò quello che pensavano tutti i tifosi viola: «Ladri!». Il suo grido liberatorio fu mediaticamente superato dalle minacce in verità pesantucce di Volpecina a Schillaci («ti faccio sparare»), ma quella levata di scudi è rimasta indelebile nella storia viola.