«Sei fuori dalle regole, questo è un groviglio»
Nelle intercettazioni gli indagati parlano di una situazione esplosiva
Che le strutture di accoglienza non fossero in regola lo sapevano tutti. Lo sapeva chi forniva gli immobili ma anche chi li gestiva. Nel maggio 2015 Ottorino Santetti parlando al telefono con un ingegnere a proposito dell’immobile di via Livornese a Lastra a Signa, originariamente destinato a circolo ricreativo, dimostra di essere consapevole di aver ospitato un numero troppo alto di migranti. «Quanti ce ne ha messi?» chiede l’ingegnere. «Parecchini, più di quanto pensa lei, ho fatto il mio dovere». Quanti? insiste. «Lei pensi a un numero...di più».
«Sai cos’è che mi preoccupa — dice Matteo Conti, presidente del Cenacolo, dopo aver ricevuto la visita dei carabinieri, parlando con un dipendente della cooperativa della struttura di via Livornese che ospitava 22 migranti ma non risultava adibita a struttura ricettiva — che non abbiamo mai verificato queste strutture di Santetti. E noi siamo responsabili in prima battuta verso la Prefettura. Non gli abbiamo mai chiesto nessun tipo di documentazione». «Alla fine si rischia tutti — dice Conti in un’altra conversazione riferendosi a un immobile all’Impruneta — non è che si può lasciare la gente coi materassini fuori. Quindi lui va a comprare i letti e li mette dentro».
Il 20 luglio 2015 Lorenzo Terzani, presidente del con- sorzio Co&So, rimprovera Conti per il sovraffollamento: «Ti rendi conto della tua superficialità? Ti sei infilato in un groviglio assurdo, come se le regole non valessero. Si fa sempre finta di non vedere». «Via — risponde Conti — non mi sembra che durante la gara ci sia posti il problema dell’idoneità delle strutture». Terzani lo accusa di non agire secondo le regole, Conti spiega che le cose erano sapute da tutti al momento della gara. «Portala via sta gente da lì — gli dice Terzani — devi trovare altri posti, invece di prendere gente nuova».
Quello che emerge dalle intercettazioni è che nessuno ha le idee chiare sulla gestione, neppure su chi debba fare le pulizie. «Ignoranza particolarmente significativa — scrive il gip Antonella Zatini nell’ordinanza — visto che il servizio era tra quelli indicati nella convenzione tra Prefettura e i gestori. Quindi il firmatario della convenzione, Conti per la cooperativa e Terzani per il consorzio, erano responsabili della prestazione».
È Ottorino Santetti, in teoria solo proprietario delle strutture, a stabilire le regole delle comunità: «Insegnali a pulì il gabinetto», dice a un operaio. «Fai pulire la cucina, fai buttare parecchia varichina altrimenti si riempie di mosche». Se qualcuno protesta «si prende nome e cognome e si manda via, si sostituisce». E se non vogliono pulire la struttura «si porta via il televisore». Nel corso di una conversazione è lo stesso Santetti a puntare il dito sulle condizioni igieniche delle strutture: «Bisogna passare tutte le mattine il cencio con la candeggina. Dietro la cucina c’era un nero roba da pazzi, a vederlo faceva schifo». Anche sulle schede telefoniche concesse ai migranti i conti fatti dalla Guardia di Finanza non tornano: la cooperativa avrebbe fornito tessere del valore adeguato solo a 116 persone, rispetto alle 791 persone che il Cenacolo ha ospitato nel 2014. Risparmiavano sulle schede telefoniche ma anche sull’abbigliamento: dai calcoli degli investigatori la spesa per ciascun ospite era pari a 5,66 euro. Anche di questo i Santetti erano consapevoli: parlando della struttura dei Renai il padre dice al figlio che «i migranti erano un po’ abbandonati a se stessi» e che «non avevano nè scarpe nè vestiti, proprio nulla».
Al telefono/1
Non mi sembra che durante la gara ci si sia posti il problema dell’idoneità delle case Al telefono/2 Quanti ne hai messi lì dentro? Parecchi, immagina un numero... di più