Una notte in soffitta, poi l’ex calciante si consegna e chiede scusa
La fuga dell’ex calciante è finita dopo 24 ore. Aveva nascosto le due pistole in giardino
Non era andato molto lontano Rolando Scarpellini, l’ex calciante di 48 anni che, armato di pistola, mercoledì ha prima scatenato il panico all’Isolotto e poi ha fatto perdere le tracce per quasi ventiquattr’ore. Dopo aver trascorso tutta la notte tra giardino e soffitta del condominio dove vivono i genitori, in via Pio Fedi, ieri mattina ha deciso di costituirsi e adesso si trova a Sollicciano. Quando ha realizzato quello che aveva combinato ha chiesto ad un’amica di mettersi in contatto con un ispettore, oggi alla polizia postale ma per anni alla squadra mobile, che lui conosce dai tempi in cui venne arrestato per l’agguato tra calcianti alla palestra della Montagnola. In pochi minuti l’ispettore è andato a prenderlo e così è finita la caccia all’uomo.
«Non volevo fare del male a nessuno, mi dispiace per quello che è successo ma è colpa del forte stress che sto vivendo in questi giorni» sono state le parole che ha detto al capo della squadra mobile Antonino De Santis che ieri mattina l’ha interrogato negli uffici della Questura alla presenza dell’avvocato Christian Vannucchi.
L’uomo è stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria e probabilmente domani si terrà l’udienza di convalida davanti al gip. È accusato di minaccia aggravata, porto e detenzione illegale di armi e ricettazione. In un primo momento Scarpellini aveva detto di non avere nessuna pistola, poi, messo alle strette, ha portato gli investigatori nel giardino condominiale di casa dei genitori dove aveva sotterrato le due pistole, una calibro 45 rubata cinque anni fa a Montespertoli, e una calibro 22 senza matricola. Insieme alle armi aveva anche 60 munizioni. Lì vicino a quella buca è stata trovata anche la maglia rossa strappata, con lo stemma dei calcianti rossi, che indossava prima di scatenare il putiferio.
Ieri mattina davanti agli investigatori Scarpellini ha ricostruito la sua giornata di ordinaria follia, dal momento in cui si è presentato al bar i Portici di piazza dell’Isolotto dove lavora la ragazza con cui aveva iniziato una relazione negli ultimi mesi, fino alla decisione di mettere fine alla fuga. Intorno alle 12, dopo aver consumato un aperitivo, scoppia la discussione con la donna per questioni legate al loro rapporto. La donna va via ma la discussione continua con la collega intervenuta a calmarlo. Questo scatena la sua reazione: lui inizia a urlare, butta alcuni oggetti del bancone per terra, si toglie la maglietta, dà un violento ceffone alla donna (dieci giorni di prognosi per problemi al timpano) poi esce e va a cercare l’amica.
Non la trova, parla con il figlio di lei e gli racconta quello che è accaduto. Con l’auto si dirige verso via Libero Andreotti, dove ha sede il magazzino in cui tiene gli attrezzi da lavoro. Lì prende una pistola e sfoga la sua rabbia a colpi di pistola in aria. I poliziotti troveranno per terra cinque bossoli e un proiettile inesploso che adesso saranno analizzati dalla polizia scientifica. Secondo quanto raccontato dai testimoni — ma lui dice che non è vero — si è poi presentato nuovamente al bar con la pistola e ha minacciato nuovamente la barista. Mentre rientra a casa dei genitori, in via Pio Fedi, vede la polizia che lo sta già cercando.
A quel punto manda un sms vocale decisamente minaccioso all’amica del bar: «Te lo dico: ora vo a casa tua e sparo in tutti i posti, se non mi rispondi. C’è la polizia che mi bracca da tutte le parti, tanto muoio stasera ma l’ammazzo anch’io. Allora rispondi pezzo di merda, che io ti amo». Poi inizia la fuga.
Si nasconde prima dietro una siepe del giardino condominiale, dove perderà il cellulare e le chiavi della macchina, poi si sposta sull’argine del fiume, infine ritorna nel palazzo dei genitori per nascondersi nella soffitta. Lì ha aspettato l’arrivo dell’ispettore e dell’avvocato.