Corriere Fiorentino

Da sapere

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prima, è rimasto rinchiuso in casa per sette anni con la sua famiglia in attesa della fine del mondo. Gorchakov è attratto dall’uomo e va a trovarlo. Durante il lungo dialogo fra i due Domenico affida al poeta russo la missione di compiere in sua vece un rito salvifico: attraversa­re con una candela accesa la vasca termale di Bagno Vignoni. Gorchakov, dopo una sosta meditativa nella chiesa som- mersa di San Vittorino, decide di compiere la missione affidatagl­i da Domenico (che si suiciderà poco dopo a Roma). Quando, dopo due tentativi falliti, riesce finalmente a giungere sul lato opposto della vasca e deporvi la candela accesa, morirà.

Nel riconoscer­e la mistica alterità (da non confonders­i con la follia) di Domenico, la sua ostinata denuncia dell’idiozia umana, la perdita di spirituali­tà, l’indifferen­za e l’inclinazio­ne alla rovina, il poeta russo sperimenta su se stesso la «nostalghia», e cioè quel sentimento che ci rende partecipi all’altrui dolore.

Nello scegliere come luogo centrale del film la vasca di Bagno Vignoni, Tarkovskij volle sottolinea­re proprio l’elemento spirituale del film, e non solo perché la tradizione tramanda che essa fu visitata da Santa Caterina, ma anche perché nel suo cinema l’acqua è un elemento centrale, simbolico: «L’acqua è una sostanza molto viva, che cambia forma continuame­nte, che si muove — scriveva il regista — Tramite essa ho sempre cercato di esprimere l’idea del passare del tempo. Del movimento del tempo». Ed è proprio in quello specchio d’acqua che Gorchakov — e Tarkovskij con lui — può vedere il riflesso dell’infinito. Il film termina con una sequenza dalle immagini epifaniche, che tanto fanno pensare la scrittura di Joyce, e che intreccian­o le misteriose arcate di San Galgano con l’immensa steppa russa: «A poco a poco la scena s’illumina — scriveva ancora Tarkovskij — Grazie forse alla luce della luna che sta sorgendo sulla campagna, vediamo che sopra la casa e sopra Gorchakov, seduti immobili sotto l’albero, svettano nel cielo gli archi scuri e le gigantesch­e colonne dell’antica cattedrale di Chiusdino... Le mura possenti come mura di prigioni racchiudon­o nel loro abbraccio la casa di Gorchakov con quel pezzetto della sua terra coperta dalla sua erba, avvolta nella sua nebbia, illuminata dalla sua luna... Intanto i primi fiocchi di neve appaiono nell’aria e, danzando piano, come in un sogno, si posano a terra». Sugli ultimi fotogrammi appare la didascalia Dedicato alla memoria di mia madre. Già, ma quale? La grande madre Russia o la propria madre? Oppure entrambe, oramai perdute per sempre? In realtà quello che resta è solo «la neve, che cade lieve, su tutti i vivi e i morti».

4. Fine. Le precedenti puntate sono uscite l’8 , il 14 e il 25 agosto 2018.

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