QUELLA MISCELA DI FACILONERIA E OPPORTUNISMO
Evidentemente di Tinaia non ce n’era una sola. Il caso del centro d’accoglienza di Cascina, chiuso dopo le denunce della sindaca leghista Susanna Ceccardi, sembra avere incoraggiato una doverosa attenzione sulle zone d’ombra dell’accoglienza toscana per i richiedenti asilo.
Dopo la chiusura, in seguito ai sopralluoghi fatti dai vigili del fuoco e dell’Asl, di parte dei locali del centro di Vicofaro, è ora la volta di qualcosa di più grave: i provvedimenti della magistratura a carico dei titolari di società a responsabilità limitata e cooperative operanti a Lastra a Signa e a Signa, in provincia di Firenze, nel settore dell’accoglienza. Ovviamente, un accostamento fra i due casi morali è improponibile. Don Biancalani, che ospitava i migranti a Vicofaro, è un sacerdote che forse ha il torto di preferire al breviario lo smartphone, ma non specula, almeno economicamente, sull’accoglienza. Parte dei locali in cui ospitava i migranti però non erano a norma e ha fatto bene la prefettura di Pistoia a disporre la chiusura di una struttura con i fili elettrici penzoloni e senza estintori, in cui dormivano accatastati decine di migranti. Oltre tutto, è facile immaginare quello che si sarebbe scritto se un corto circuito avesse provocato un rogo: non sarebbe mancato chi ne avrebbe ipotizzato l’origine dolosa, magari addebitandola all’odio razziale.
Il caso delle società operanti in provincia di Firenze, se le accuse della Procura saranno confermate, è diverso e conferma l’esistenza di un’inquietante zona grigia fra filantropia e business. Partiti da premesse idealistiche, come l’adesione al movimento dei focolarini di Chiara Lubich (che ha il suo cuore a Loppiano, a due passi da Incisa Valdarno), due coniugi adibiscono parte del loro bed and breakfast all’accoglienza dei migranti. Ma poi l’emergenza diventa continua, i numeri saltano, e forse ci si accorge che ospitare profughi rende di più che aspettare le prenotazioni sui portali web. Rende soprattutto se si aumenta oltre i limiti consentiti il numero degli ospiti, se si fa a miccino sulle schede telefoniche e la biancheria, se si somministrano cibi scadenti o scaduti, se si fa ricadere sui migranti l’onere delle pulizie, che i capitolati d’appalto prevedono, a torto o a ragione, a carico del gestore. Il risultato, come emerge dalle intercettazioni telefoniche, è una ribollita di opportunismo e pressappochismo, sintetizzato dalla risposta che il proprietario della struttura dà a chi gli chiede quanti migranti abbia accolto: «Parecchini». Ogni epoca ha le risposte che si merita: Giolitti venne ridicolizzato da Gabriele d’Annunzio per aver sostenuto che con la neutralità nella grande guerra avremmo potuto ottenere «parecchio». Forse l’Italia di oggi si merita solo gli uomini dei «parecchini».