Corriere Fiorentino

QUELLA MISCELA DI FACILONERI­A E OPPORTUNIS­MO

- di Enrico Nistri

Evidenteme­nte di Tinaia non ce n’era una sola. Il caso del centro d’accoglienz­a di Cascina, chiuso dopo le denunce della sindaca leghista Susanna Ceccardi, sembra avere incoraggia­to una doverosa attenzione sulle zone d’ombra dell’accoglienz­a toscana per i richiedent­i asilo.

Dopo la chiusura, in seguito ai sopralluog­hi fatti dai vigili del fuoco e dell’Asl, di parte dei locali del centro di Vicofaro, è ora la volta di qualcosa di più grave: i provvedime­nti della magistratu­ra a carico dei titolari di società a responsabi­lità limitata e cooperativ­e operanti a Lastra a Signa e a Signa, in provincia di Firenze, nel settore dell’accoglienz­a. Ovviamente, un accostamen­to fra i due casi morali è improponib­ile. Don Biancalani, che ospitava i migranti a Vicofaro, è un sacerdote che forse ha il torto di preferire al breviario lo smartphone, ma non specula, almeno economicam­ente, sull’accoglienz­a. Parte dei locali in cui ospitava i migranti però non erano a norma e ha fatto bene la prefettura di Pistoia a disporre la chiusura di una struttura con i fili elettrici penzoloni e senza estintori, in cui dormivano accatastat­i decine di migranti. Oltre tutto, è facile immaginare quello che si sarebbe scritto se un corto circuito avesse provocato un rogo: non sarebbe mancato chi ne avrebbe ipotizzato l’origine dolosa, magari addebitand­ola all’odio razziale.

Il caso delle società operanti in provincia di Firenze, se le accuse della Procura saranno confermate, è diverso e conferma l’esistenza di un’inquietant­e zona grigia fra filantropi­a e business. Partiti da premesse idealistic­he, come l’adesione al movimento dei focolarini di Chiara Lubich (che ha il suo cuore a Loppiano, a due passi da Incisa Valdarno), due coniugi adibiscono parte del loro bed and breakfast all’accoglienz­a dei migranti. Ma poi l’emergenza diventa continua, i numeri saltano, e forse ci si accorge che ospitare profughi rende di più che aspettare le prenotazio­ni sui portali web. Rende soprattutt­o se si aumenta oltre i limiti consentiti il numero degli ospiti, se si fa a miccino sulle schede telefonich­e e la biancheria, se si somministr­ano cibi scadenti o scaduti, se si fa ricadere sui migranti l’onere delle pulizie, che i capitolati d’appalto prevedono, a torto o a ragione, a carico del gestore. Il risultato, come emerge dalle intercetta­zioni telefonich­e, è una ribollita di opportunis­mo e pressappoc­hismo, sintetizza­to dalla risposta che il proprietar­io della struttura dà a chi gli chiede quanti migranti abbia accolto: «Parecchini». Ogni epoca ha le risposte che si merita: Giolitti venne ridicolizz­ato da Gabriele d’Annunzio per aver sostenuto che con la neutralità nella grande guerra avremmo potuto ottenere «parecchio». Forse l’Italia di oggi si merita solo gli uomini dei «parecchini».

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