Corriere Fiorentino

«Dignità per i migranti, anche i no sono accoglienz­a»

Intervista con don Stinghi: «L’inchiesta sui centri e Vicofaro? La persona va sempre rispettata»

- Di Paolo Ceccarelli

«Anche i no fanno parte dell’accoglienz­a». Don Giacomo Stinghi — 84 anni, parroco della Madonna della Tosse e fondatore del centro di recupero aiuta i tossicodip­endenti — parla a tutto campo. Dalla gestione dei migranti al caso Vicofaro, passando per le inchieste che negli ultimi giorni.

«Mettiamo che cinquanta immigrati bussino a questa porta. Lei li accogliere­bbe?». Don Giacomo Stinghi, 84 anni, parroco della Madonna della Tosse, a Firenze, e fondatore del centro di recupero che da 38 anni aiuta i tossicodip­endenti, si alza dalla sedia e si allontana. Torna poco dopo con in mano un foglietto giallo, sopra ci sono stampate alcune frasi. «Sono le filosofie non scritte che usavamo con i ragazzi del centro — dice don Stinghi — La prima recita: “Nessun pasto è gratis”». «Come, neanche in parrocchia?» «No. Nel senso che bisogna imparare a conquistar­si le cose, a lottare». Un’altra frase: «La crescita prima dello status quo». «Significa che non è che stai qui e ti accomodi. No, devi crescere. Io ti rimetto in piedi, ma poi sei tu che devi camminare». Nello studio del prete fiorentino il cane Fiore si lecca una gamba, sulla tastiera del computer è appoggiato un foglietto con un po’ di appunti per la messa, alle pareti ci sono le foto del parroco sul Machu Picchu e anche la sua piccozza da alpino. Ma l’eco degli scontri politici sui migranti e le notizie sui centri d’accoglienz­a toscani che sono stati chiusi perché sovraffoll­ati e in condizioni molto precarie, e in alcuni casi pericolose, non ha fatto fatica ad arrivare fin qui. E don Stinghi, comincia ogni risposta con un secco sì o un secco no.

Don Giacomo, i centri per migranti chiusi erano gestiti da una cooperativ­a di area cattolica e di proprietà di una famiglia di focolarini. Loro in sostanza si difendono dicendo che, a fronte delle ondate di arrivi dall’Africa, hanno dovuto far fronte a un’emergenza continua. Secondo lei, un cattolico deve dire sì a prescinder­e all’accoglienz­a? «No. Che vuole che accolga, se non può?».

Però per un cattolico è più difficile dire no: in fondo è un po’ contravven­ire al messaggio evangelico.

«No, no. Non funziona così. No, se sei in difficoltà ad ospitarli prendi, vai davanti al Comune con loro e fai un bel sit in. Ti fai portare via di peso finché le istituzion­i non ti hanno ascoltato. E se lo fai, puoi star sicuro che ci vengo anche io. Come ha fatto in passato, e a ragione, don Santoro delle Piagge».

A proposito di preti di sinistra: è stato chiuso anche il centro per richiedent­i asilo di don Biancalani a Vicofaro. Secondo i vigili del fuoco e la Asl era sovraffoll­ato e c’era il rischio di incendi.

«E hanno ragione i vigili del fuoco! Io spero che il centro di Vicofaro riapra presto, per il numero di persone che può ospitare. Perché l’accoglienz­a deve essere sempre dignitosa, non solo dal punto di vista del cibo e del posto per dormire, ma pienamente rispettosa della persona. E poi

gli immigrati vanno responsabi­lizzati. Non va bene che una volta arrivati qui non facciano nulla. Fare qualcosa, imparare a fare qualcosa, gratifiche­rebbe prima di tutto loro. È come dire: io non sono un parassita, io faccio parte di questa famiglia, di questa comunità».

E come si fa a mettere in moto un meccanismo così virtuoso?

«Posso parlare della mia esperienza, che non pretendo sia buona per tutti. Noi al centro facevamo — perché ora le cose sono un po’ cambiate, ci sono più persone con disturbi psichiatri­ci che tossicodip­endenti — prima un’analisi dei bisogni e delle risorse di ognuno, poi un progetto individual­e di intervento e infine li mettevamo alla prova».

Ma può funzionare anche per i migranti?

«Non siamo stati emigrati anche noi? — don Stinghi alza la voce — Sui barconi c’eravamo anche noi italiani quando siamo andati in America e morivamo affogati, come loro oggi. Eppure, non dico che gli italiani hanno civilizzat­o gli Stati Uniti, però di certo oggi sono una parte importante di quella comunità. Certo che gli africani vanno accolti. Ma l’accoglienz­a vuol dire anche far

sì che la gente non dica: “Quello è un mostro”. Agli immigrati bisogna far fare un cammino».

Molti cattolici, dicono diversi sondaggi, sono contro l’arrivo di immigrati. Che effetto le fa?

«Penso che questo non sia cristiano, almeno per come intendo io l’essere cristiano. Sarebbe comodo se bastasse andare a messa la domenica per essere cattolici. Ma non è così».

Il Papa, per le sue posizioni a favore dei migranti, secondo un recente sondaggio perde popolarità anche tra i credenti.

«E pensare che ora parla molto meno, all’inizio del Pontificat­o è stato ancora più coraggioso». Perché secondo lei?

«La Chiesa è divisa. I lefevriani ci sono ancora e sono ancora molto forti. Magari non si chiamano neanche più così, ma il senso è quello. Io un pericolo di scisma lo vedo, spero di sbagliarmi. Per fortuna questo è il Papa della frase: “Chi sono io per giudicare?” (la risposta di Bergoglio alle domande dei giornalist­i sui gay, ndr). Che grande cosa. “Chi sono io per giudicare?”. Capito? Invece noi ci s’ha sempre voglia di giudicare, sempre».

N iente alibi

Se sei in difficoltà ad ospitare, ti presenti davanti al Comune e fai un bel sit in fin quando non ti ascoltano

Di sicuro ci vengo anch’io

Meccanismi virtuosi

Siamo stati emigranti anche noi, abbiamo contribuit­o a civilizzar­e gli Stati Uniti. Certo che gli africani vanno aiutati e anche responsabi­lizzati

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Don Giacomo Stinghi, 84 anni, parroco della Madonna della Tosse a Firenze

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