Un romantico in Oriente
Stefano Ussi, fiorentino in Egitto all’inaugurazione del Canale di Suez Dalle guerre d’Indipendenza alla scoperta di una nuova cultura e nuovi commerci
«Ma un’era nuova si schiuse a lui per l’invito di aggregarsi ufficialmente alla Commissione Italiana, incaricata di rappresentare il nostro paese all’inaugurazione del Canale di Suez. Con tutta la foga del suo temperamento assetato di poesia, di luce, di mistero, egli salpò verso quell’Oriente tante volte sognato, di cui con baldanza giovanile, con rara profondità e limpidità di impressioni, con sicura e larga facilità di espressione, seppe rendere mirabilmente tanti aspetti ignorati». Così Arturo Faldi diceva di Stefano Ussi nella commemorazione all’Accademia di Belle Arti di Firenze, il 29 dicembre 1901.
Stefano Ussi, nato nel 1822, si era messo in luce nel mondo del romanticismo storico, per una smania di perfezione, per cui spesso aveva ripreso in varie occasioni le sue opere, in specie negli anni giovanili, in cui partecipò ai moti d’indipendenza, come accadde per il lavoro di debutto, La resurrezione di Lazzaro, e per l’opera che gli garantì la celebrità: La cacciata del duca di Atene. Nel momento in cui il canale di Suez si inaugurava (un evento epocale ricostruito benissimo da una completissima mostra all’Institut du Monde Arabe a Parigi, da poco terminata), mentre si attendeva al Teatro Khediviale del Cairo, la clamorosa prima assoluta di Aida di Verdi, diretta dal mago del contrabbasso Giovanni Bottesini, molti artisti dall’Italia si recavano verso quella mèta fino a poco prima impensabile, dove le committenze si moltiplicavano. Come racconta magistralmente Fausta Cialente nel bel romanzo Ballata levantina (1961), sciami di ballerine della Scala giunsero nella capitale e a Alessandria, e molte di loro rimasero, mantenute da ricchi armeni o greci. A circa cinquant’anni, dopo aver riproposto tante storie antiche, l’Oriente risultava una seduzione insuperabile; Ussi non tardò ad avere riconoscimenti anche in Egitto.
Il primo ministro Nubar Pascià gli commissionò infatti un quadro intitolato La preghiera dell’arabo, apprezzatissimo. Da questo seguì l’incarico di un assai più ampio La partenza del tappeto per la Mecca, proposto anche trionfalmente all’Esposizione Universale di Vienna.
La Testa di derviscio, conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, fa riferimento a un’altra esperienza esotica. Ussi si trovò a fianco al romano Cesare Biseo e all’allora popolarissimo Edmondo De Amicis, che inaugurato un nuovo genere di letteratura di viaggio di largo successo, al seguito di una missione ufficiale del nuovo ambasciatore italiano in Marocco, alla corte di Fez.
La nuova Italia era sempre più interessata al Nord Africa, mentre archeologi e storici si affannavano a ritrovare le radici dell’impero romano, usate nella propaganda al momento dell’invasione della Libia nel 1911. In questo caso la missione di cui Ussi era figura fondamentale sviluppava rapporti commerciali con un regno che comprava molti oggetti d’arte dall’Italia: basti considerare la vastissima produzione di mobili di stile moresco, realizzati dagli artigiani in Toscana, o dalle imprese di Cantù, attivissime nel territorio marocchino. Il libro di De Amicis, uscito nel 1877, ebbe largo successo, corredato da immagini di Ussi e Biseo, che si divisero il compito di realizzare nelle illustrazioni scene di insieme e ritratti singoli.
La visione è quella dell’esotismo, come l’autore ligure dichiara nel primo capitolo: «Tutti portano una specie di lunga cappa di lana o di tela bianca, con un grande cappuccio quasi sempre ritto sul capo, cosicché la città presenta l’aspetto d’un vasto convento di frati domenicani. Di tutto questo popolo incappato, una parte si muove lentamente, gravemente e senza far rumore, come se volesse passare inosservata; gli altri stanno seduti o accovacciati lungo i muri, davanti alle botteghe, agli angoli delle case, immobili e cogli occhi fissi, come le popolazioni pietrificate delle loro leggende. L’andatura, gli atteggiamenti, il modo di guardare, tutto è novo per noi; tutto rivela un ordine di sentimenti e d’abitudini affatto diverso dal nostro; una tutt’altra maniera di considerare il tempo e la vita. Io mi vergogno quando mi passa accanto un bel moro vestito in gala. Paragono il mio cappelluccio al suo enorme turbante di mussolina, la mia misera giacchetta al suo lungo caffettano color di gelsomino o di rosa, l’angustia, insomma, del mio vestiario grigio e nero, all’ampiezza, al candore, alla dignità semplice e gentile del suo, e mi par di far la figura d’un scarabeo accanto a una farfalla». Parole che perfettamente illustrano il bel ritratto di derviscio che Ussi ha ripreso dal vero, tornando spesso su queste immagini dell’altro da sé, che segnava un’epoca nuova nelle relazioni con il Nord Africa, dopo tanti secoli di paura per i pirati di Barberia, che fino a inizio ‘800 continuarono a predare le coste della Toscana, in cerca di schiavi da cui poi ricavare un ricco riscatto.
4. Fine. Le prime tre puntate sono uscite il 2, il 18 e il 23 agosto 2018.
Di questo popolo incappato, una parte si muove lentamente, gravemente e senza far rumore, come se volesse passare inosservata