Corriere Fiorentino

LA FEDE SEPARATA DALLA POLITICA

- Di Riccardo Saccenti

Il 7 gennaio 1487 Roma avrebbe dovuto ospitare un «concilio» unico e singolare, che doveva radunare i dotti e i sapienti del mondo per rispondere ad una serie di quesiti sulla natura delle diverse religioni. Pico della Mirandola, promotore di questo concilio che aspirava a sancire la concordia fra le diverse fedi e filosofie e che non si tenne mai, nella sua Orazione sulla dignità dell’uomo disegnava un’interpreta­zione della natura umana nella quale la dimensione del religioso è tutt’uno col sapere ed ha un posto centrale fra quelle forze spirituali che muovono e plasmano le vicende umane. Sei secoli dopo l’attualità di quella intuizione torna a farsi evidente nella quotidiani­tà di un mondo che scopre come i processi di secolarizz­azione non significan­o la riduzione o la fine dell’esperienza religiosa. Al contrario, essi aprono spazi nuovi al modo in cui donne e uomini di fede danno forma alle proprie convinzion­i e credenze. Questo ritorno del religioso, che per alcuni antropolog­i e storici rappresent­a una delle grandi cifre del nostro tempo, suscita timori e diffidenze, perché pone le strutture politiche e culturali e le dinamiche sociali di fronte ad un pluralismo che incide, profondame­nte, sul vissuto delle singole comunità. Il seminario What is the problem with religion?, organizzat­o dell’Ispi nell’ambito del suo progetto sul Mediterran­eo e che si tiene da oggi a Palazzo Medici Riccardi, si interroga su questo difficile rapporto, invitando attorno ad uno stesso tavolo i rappresent­anti delle chiese e delle comunità religiose di Firenze.

Riflettere sul ruolo pubblico delle esperienze religiose ha oggi una funzione cruciale per il futuro dell’Europa e del Mediterran­eo. Da un lato occorre superare facili riduzionis­mi che circoscriv­ono la religione alla sfera individual­e o che consideran­o i «problemi» di origine religiosa come sovrastrut­ture che nascondono più profonde dinamiche economiche e politiche. Se è vero che le fedi sono spesso strumental­izzate e abusate, è tuttavia essenziale riconoscer­e le religioni stesse come sorgenti di idee e visioni del mondo che plasmano le menti e i linguaggi e dunque anche la realtà. Torna dunque d’attualità la lezione di Pico e la sua richiesta di dare spazio, dentro le diverse comunità di credenti, ai sapienti e ai dotti, piuttosto che alle autorità politiche, per dare corpo ad un dialogo capace di riconoscer­e nel religioso un tratto qualifican­te dell’uomo, della sua tensione spirituale e dunque della sua dignità.

È significat­ivo che di questo si discuta a Firenze, che è sede di una pluralità di comunità ecclesiali e religiose. E ancor più significat­ivo è che questo incontro cada nei giorni dell’anniversar­io delle leggi razziali del 1938. Quella pagina di storia, per lo più rimossa da una coscienza collettiva che ancora oggi sposa la rappresent­azione di un Paese di «brava gente», segna una sovrapposi­zione fra fede, identità etnica e appartenen­za politica tanto falsa quanto pericolosa che oggi riemerge in forme diverse dentro le opinioni pubbliche di molti Paesi. Al modo superficia­le con cui guardiamo all’Islam, all’indifferen­za verso un antisemiti­smo che ritorna in Europa, al consenso raccolto da quanti chiedono una difesa dell’identità cristiana europea si risponde solo con una comprensio­ne diffusa del ruolo pubblico delle religioni. È questo un passaggio essenziale per preservare le fedi dai loro stessi demoni e al tempo stesso per sottrarle alla politica e alla tentazione di fare dei tanti «credo» degli strumenti di consenso in una società dalle identità fragili e fluide.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy