Corriere Fiorentino

Il figlio dell’agronomo del parco: «Qui la storia cambiò in un’ora»

- J.Sto.

«La storia cambiò in un’ora, avvenne tutto velocement­e, a tarda mattinata, quando il Re firmò le leggi razziali. Non ebbe la forza di opporsi al Duce, altrimenti avrebbe creato un colpo di Stato. Ma forse soffrì, perché nel parco in cui vivevamo aveva tanti amici e conoscenti ebrei». La storia vissuta in prima persona, anche se nel 1938 aveva soltanto 1 anno, è quella raccontata dal pisano Renzo Castelli. È il figlio dell’allora assistente agrario del parco di San Rossore, giocava spesso coi nipoti del re d’Italia. Oggi, tramanda la memoria, anche attraverso i libri che scrive. «A quell’epoca il parco era pieno di bambini. C’erano i cinque figli del re, i nipoti, i cuginetti». Tantissimi aneddoti sulla vita quotidiana della tenuta pisana: «Ricordo che alla festa del personale del parco, Vittorio Emanuele III regalava, per ognuno di noi piccoli, un cioccolati­no, soltanto uno perché era un po’ tirchio. E poi c’era la regina che visitava le case dei contadini e regalava marmellate alle ortiche, però non erano buone e mia madre le cestinava». E poi, la dolce vita di Vittorio Emanuele: «Amava fare lunghe passeggiat­a sulla battigia, coi pantaloni rimboccati per non bagnarsi, camminava insieme al guardiacac­cia della tenuta, e da lui si faceva raccontare i pettegolez­zi del parco». Suo padre, esperto agronomo, si occupava della manutenzio­ne dello sterminato parco, dei suoi alberi, della sua vegetazion­e ricchissim­a e bellissima. E suo nonno, anche lui dipendente del parco, è stato guardiacac­cia. Hanno conosciuto, oltre che Vittorio Emanuele, anche il Re Umberto. «Abbiamo ancora in casa un orologio e un fucile che regalò personalme­nte a mio padre». La vita scorreva felice all’interno del parco. Ma sotto la dittatura di Mussolini, le ispezioni erano molto frequenti. «Un giorno, venti giorni prima della firma delle leggi razziali, arrivò il ministro Guido Buffalini Guidi, probabilme­nte voleva capire le intenzione del re». Venti giorni dopo, quel 5 settembre di ottant’anni fa, nel frinire di queste cicale che ancora oggi riecheggia­no nel parco, il re cambiò la storia. «Nel parco di San Rossore prendeva molte decisioni perché qui veniva a vivere da maggio a novembre. Quella delle leggi razziali fu la decisione più drammatica, gravissima».

Presero il via le persecuzio­ni, le espulsioni degli ebrei dalle scuole, dalle università, eppure a Pisa, «in quei giorni regnava l’indifferen­za, sembrava che alla gente non gliene fregasse niente» racconta Castelli. Per questo lui continua a raccontare, instancabi­le, a partecipar­e a convegni, a scrivere libri, a tramandare la memoria per trasformar­la in bussola per il presente.

Ricordi

A Pisa in quei giorni regnava l’indifferen­za, sembrava che alla gente non gliene fregasse niente di quello che succedeva

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Renzo Castelli, figlio dell’assistente agrario del parco di San Rossore

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