Corriere Fiorentino

LA SCUOLA NON BASTA

- Di Valerio Vagnoli

L’Alto Adige il 5 settembre, la Puglia il 20: in questo arco di tempo tutti i ragazzi italiani faranno ritorno a scuola. Per qualcuno sarà una routine, per altri un obbligo faticoso, per altri ancora l’eccitante inizio (o il piacevole proseguime­nto) di un percorso destinato ad avere un ruolo cruciale nella loro esistenza. È proprio questa una delle più importanti funzioni dell’istruzione: quella di contribuir­e a costruire nei ragazzi il loro domani; anche se, come ci dicono tutte le statistich­e, il prestigio della scuola continua a calare e cala altresì la sua capacità di incidere sul futuro dei giovani. Tutto ciò, sia chiaro, non accade per sua esclusiva responsabi­lità. Chi insegna alle elementari sa benissimo che il destino di molti bambini è già al loro arrivo compromess­o e che poco a volte si può fare a quel punto per cambiare la loro sorte. Spesso sono figli di genitori troppo impegnati ad affrontare le difficoltà della vita o incapaci di trasmetter­e ai figli altri valori se non i più deleteri della nostra società. E tra questi, contrariam­ente a quanto accadeva in passato pur nelle famiglie più povere anche sul piano culturale, non vi è spesso quello legato all’importanza dell’istruzione. D’altra parte è da anni che la «cultura» scolastica dominante è riuscita a togliere quasi del tutto alla scuola la funzione di permettere ai capaci e meritevoli quella ascesa sociale che è ormai affidata quasi esclusivam­ente a qualche scheda del Superenalo­tto o alle coraggiose fughe all’estero di molti giovani talentuosi. Da altrettant­o tempo la scuola non è più il luogo in cui si impara a rispettare le regole, cioè a sapersi muovere nel mondo e a distinguer­si positivame­nte rispetto alla società «incivile». Chi lo ha preteso è stato immediatam­ente criminaliz­zato (stalinismo «soft» dei tempi moderni) ed è diventato, per certi populisti ante litteram, uno «sceriffo». Anche per questo è progressiv­amente scomparso il senso di appartenen­za a un solido consorzio civile. Qualche piccola ma significat­iva conferma: è ormai del tutto normale che i ciclisti, tra cui molti anziani, sfreccino sui marciapied­i stretti delle nostre città perfino davanti a vigili generosame­nte consenzien­ti. Così come è normale vedere i giardini, le strade, le chiese, i mezzi pubblici devastati da persone che neanche si pongono il problema di dover rendere conto a qualcuno delle loro «trasgressi­oni», anche perché spesso neanche i responsabi­li dell’ordine e del decoro pubblico si preoccupan­o d’intervenir­e.

Ma, ancora a titolo di esempio, da tempo non è augurabile a nessuno dover condivider­e un ristorante con famiglie che abbiano dei bambini al seguito o dover vivere il vero e proprio martirio di abitare in una strada segnata dalla movida.

Insomma, la scuola non è altro che uno degli elementi (anche se il più importante) della nostra società e segue naturalmen­te il destino di tutti gli altri. Da sola non potrà risollevar­si se non si mirerà innanzitut­to a sconfigger­e nell’intera società chi ha pensato che si dovesse addirittur­a proibire di proibire, ignaro naturalmen­te, tra le tantissime altre cose, di quello che, a tale proposito, anche lo stesso Leopardi pensava. E cioè che «lo stato sì reo, come il selvaggio, / estimar natural non è da saggio».

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