LA STAGIONE DEL RITORNO AL CLASSICO
Èquasi sempre presto per prevedere l’esito di una vendemmia finché il vino non è «nei fiaschi», ma qualche riferimento preciso si può ricercare nell’andamento della stagione fino a oggi. La siccità record dello scorso anno ha restituito piante stressate e deboli all’inizio della stagione 2018. La primavera calda ma generosa di piogge ha causato una notevole pressione da parte delle malattie. Come succede all’uomo che quando è debole è più soggetto ad ammalarsi, così succede alle viti. La peronospora si è presentata su molte vigne toscane, costringendo i produttori più tradizionali a numerosi trattamenti a base di rame. Fin qui, al netto della qualità, l’annata sarà più costosa per questi ultimi, specie quelli biologici. Secondo alcuni enologi anche il mal dell’Esca avrebbe manifestato maggiore intensità. Si tratta di una malattia infettiva che colpisce la pianta riducendo prima il passaggio della linfa, poi uccidendola e per la quale non esiste ancora rimedio. Non ha a che fare con l’annata in senso stretto, è una minaccia più a lungo termine. Che diventi la fillossera del nuovo millennio? Cosa invece c’è di ottimo nella vendemmia 2018 è l’invaiatura, ovvero il momento tra fine luglio e inizio agosto nel quale gli acini cambiano da verdi al colore del tipo di uva cui appartengono. Quest’anno è stata leggermente ritardata ma molto regolare grazie al tempo bello e soleggiato il che consentirà una maturazione regolare dei grappoli e una maggiore facilità di individuare il momento migliore per la vendemmia. Fine settembre per il Sangiovese ad esempio a Montalcino. Stando così le cose si torna su un’annata classica, dunque in genere ottima. Ma ci vuole un mese caldo e asciutto per brindare alle «cinque stelle». «La tramontana dopo le piogge di fine agosto è stata perfetta per asciugare le vigne» ha detto Lamberto Frescobaldi. I primi mosti di bianchi e rosati sono profumati e freschi, con una buona concentrazione. Per i rossi bisognerà affidarsi alle previsioni meteo.