Corriere Fiorentino

TRA I FILARI E LE BOTTI Il produttore: pioggia e sole, giusto mix per il Sangiovese

- Giulio Gori

Una buona vendemmia, con tanti grappoli sulle viti, per Luca Giannozzi vorrà dire potersi prendere qualche giorno di relax. Sembra un paradosso, ma è una storia che si ripete nelle annate positive: «Quando la stagione è negativa, come l’anno scorso, si tira dritto a vendemmiar­e per quindici, venti giorni. Ma quando l’uva è tanta, succede che la cantina sia piena e che ci si debba fermare per darle respiro, per dare tempo al mosto di fermentare». E il 2018, per la Fattoria Giannozzi di Marcialla — siamo nel Comune di Tavarnelle Val di Pesa — come per tutto il Chianti è un annata che dà buone premesse, dopo un 2017 nero.

Luca Giannozzi stacca un acino di Sangiovese e lo apre in due, estrae i vinaccioli — i semi — e sentenzia: «Vede, hanno ancora le punte verdi. Finché non sono marroni, color legno, non si vendemmia. Serve ancora almeno una settimana». Un anno fa, i primi di settembre i trattori erano già in vigna per raccoglier­e l’uva regina della Toscana. Nel 2017, le gelate di aprile e la grande siccità dell’estate, con 90 giorni consecutiv­i di siccità, avevano fatto salire il tasso alcolico di un’uva non ancora matura e aveva costretto gli agricoltor­i a partire in anticipo. La qualità era stata buona, ma con gli acini ancora troppo piccoli, in tutto il Chianti il risultato era stato un 39,5 per cento di produzione in meno rispetto alla quantità ottimale.

Quest’anno le premesse sono molto diverse: «Se dico che avremo il 20 per cento in meno delle annate migliori, sembra che parli di una vendemmia negativa. Ma il 20 ci sta. La differenza per noi è enorme, l’anno scorso ci siamo trovati in difficoltà, ci è mancato il vino da dare alla grande distribuzi­one, ai grossisti internazio­nali. Quando sei sotto ma di poco, invece, non ti accorgi quasi della difgrandin­ata ferenza, perché tra le riserve e i “tagli d’annata” col vino degli anni scorsi, riesci a coprire la domanda senza difficoltà». Sulle piante, la quantità dei grappoli è perfetta, non c’è neppure bisogno di diradarli per far aumentare l’uniformità del risultato e la qualità.

La fattoria Giannozzi nacque grazie a bisnonno Giuseppe nel 1902 a Certaldo, poi nel 1919 sbarcò a Marcialla. Oggi ha quasi duecentomi­la viti su 45 ettari di terra, vende vino in Germania, Belgio, Inghilterr­a, Stati Uniti, Canada ed è entrata tra le cento aziende vinicole più grandi della Toscana. Qui, quando la stagione alterna sole e piogge, il Sangiovese cresce nel migliore dei modi.

Ma il problema sono gli ungulati: «Noi siamo assicurati, perché dobbiamo calcolare che ogni anno un dieci per cento di produzione lo perdiamo per i cinghiali e i caprioli. Sono il nostro incubo». Giannozzi ha persino seminato un intero campo a erba medica per cercare di allettare i caprioli e tenerli lontani dalle viti. Ma quando da agosto l’uva comincia a maturare, i caprioli scelgono sempre la cosa più prelibata. Poi capitano calamità come la di due settimane fa, così piccola ma così intensa che ha letteralme­nte distrutto una piccola porzione di vigna, fino a far cadere alcune viti: in quel pezzo di terra molti acini sono rosa, segno che entro pochi giorni finiranno per marcire.

Ma in fattoria, dopo aver già vendemmiat­o uva bianca e Chardonnay, si preparano a un settembre da brindisi: «La quantità è soddisface­nte, la qualità è ottima», dice Luca Giannozzi. E se i produttori di vino di solito sono portati a elogiare la qualità della vendemmia, l’imprendito­re ammette che annate negative ce ne sono state, «come il 2004 o il 2014, quando ci fu troppa pioggia».

Nei prossimi giorni, in sei saranno sui trattori in vigna, fino alla fine di settembre quando toccherà all’ultima uva, il Cabernet. Poi tutti in cantina per una produzione da duecentomi­la bottiglie targate 2018, tra i 40 grandi silos di acciaio, 10 in vetroresin­a, 9 botti e alcuni barrique. «Le cinquantam­ila bottiglie che mancherann­o rispetto alla produzione massima, le recuperere­mo con i 1.800 quintali di riserve che abbiamo in cantina.

A ottobre, il mosto fermentato si trasformer­à in vino. E il rito dell’assaggio racconterà se davvero la qualità sarà quella sperata in un’estate di ottime premesse. Per ogni vitigno, per ogni tipo di vino — che sia da silos d’acciaio o da botte di legno —, le caratteris­tiche necessarie a fare una grande bottiglia cambiano. Ma un rito resta uguale nel tempo, quello di annusare gli aromi che escono dal calice: «Prima ancora di assaggiarl­o, se all’odore restituisc­e una ricca varietà di profumi — dice Giannozzi — sapremo se avremo fatto un grande vino. Ma, già ora, assaggiand­o l’uva, siamo convinti che il 2018 sarà una grande annata».

Sulle piante La quantità dei grappoli è perfetta, non c’è neanche bisogno di diradarli

Il nemico Ci siamo assicurati: ogni anno un 10% di produzione va perso per cinghiali e caprioli

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Luca Giannozzi nella sua cantina a Marcialla, alle porte di Tavarnelle Val di Pesa
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