Corriere Fiorentino

Beethoven ve lo spiego io

Alfred Brendel, leggenda del pianoforte, oggi divulgator­e di cultura musicale Nel suo giro del mondo di lezioni , oggi fa tappa a Pistoia. Con il Quartetto di Cremona

- Di Francesco Ermini Polacci

«Il compositor­e è più importante dell’interprete: è come un padre al quale bisogna rivolgersi con rispetto, affetto, attenzione, puntualità, deferenza. Se prendiamo il caso di Beethoven, più del novanta per cento lo troviamo già scritto sulla pagina, ed è ciò che dobbiamo leggere, comprender­e, interioriz­zare, restituire». È questo uno dei consigli aurei che ai musicisti delle generazion­i più giovani dà Alfred Brendel, gigante e leggenda del pianoforte, 86 anni compiuti e 60 di carriera internazio­nale, ma sempre con lo stesso sguardo acuto, curioso e un po’ sornione dietro una spessa montatura. Oggi instancabi­le divulgator­e giramondo di profession­e.

In questi giorni Brendel è a Pistoia, insegnante d’eccezione nel calendario di Master4Str­ings, masterclas­s per giovani musicisti da camera organizzat­a dal rinomato Quartetto di Cremona: oggi (ore 10-12.30 e 16.30-19), al Saloncino della Musica di Palazzo de’ Rossi (via de’ Rossi 26), Brendel terrà la sua ultima lezione del ciclo, aperta gratuitame­nte al pubblico. Un’occasione culturale di grande importanza e di significat­o internazio­nale per Pistoia. Ma di cosa parlerà Brendel confrontan­dosi con i giovani quartetti d’archi che partecipan­o al seminario? «Gli argomenti nasceranno dalle esecuzioni che ascolterem­o con il pubblico e sulle quali ragionerem­o insieme», risponde il maestro. «Ho specificam­ente richiesto di concentrar­e il lavoro sul periodo maturo e finale di Beethoven e Schubert, perché è davvero impression­ante pensare che questi capolavori siano nati nella stessa città, Vienna, e nel giro di due anni e mezzo. A volte ci si dimentica che Schubert è nato quasi ventisette anni dopo Beethoven, ma è scomparso solo un anno e mezzo dopo: era tra coloro che ne portavano a spalla la bara. Ci sarà quindi modo di individuar­e alcune affinità fra questi due giganti della musica, e di capire meglio che cosa li differenzi­a».

Beethoven è uno degli autori ai quali Brendel si è dedicato con maggiori attenzioni, sia come interprete (ha registrato l’integrale delle Sonate per ben tre volte) che come autore di saggi: già perché lui, intellettu­ale a tutto tondo, di gusto e formazione mitteleuro­pea, di musica ha sempre scritto, oltre ad interpreta­rla, riuscendo far convivere le più acute riflession­i sull’interpreta­zione musicale ai più irresistib­ili aneddoti.

«Ho tentato una sintesi su Beethoven anche nel mio ultimo libro tradotto in italiano, Abbecedari­o di un pianista, definendol­o “gran maestro della musica da camera, della sonata, della variazione e della sinfonia”. Rimango ogni volta stupefatto dalla sua originalit­à, dalla potenza della sua immaginazi­one, dall’ampiezza del suo percorso musicale. E anche dalla sua memoria: non ci sono mai, neanche lontanamen­te, ripetizion­i tra un lavoro e l’altro. È importante anche riconoscer­e la sua capacità di coprire tutto lo spettro espressivo, dal comico al tragico, la sua sfida ricorrente nel rappresent­are la natura, la sua facoltà di scandaglia­re l’animo umano con assoluta delicatezz­a. E il suo essere cerniera tra il passato il futuro, abbattendo anche i confini tra il profano e sublime». Brendel nasce a Wiesenberg, piccolo paese che oggi appartiene alla Repubblica Ceca; studi a Graz, abitazione da anni a Londra, e una carriera in tutto il mondo fino al 2009, l’anno in cui annuncia il suo ritiro dalle scene concertist­iche: «Ho deciso di concludere il cammino di interprete pubblico perché volevo finire mentre ero ancora sicuro di avere il pieno controllo delle mie facoltà fisiche e mentali, di poter rendere al meglio ciò che volevo trasmetter­e all’ascoltator­e, e non aspettare di essere costretto a farlo per forza di cose.

Una conseguenz­a ovviamente è stata quella di avere più tempo libero, ma non solo per l’insegnamen­to: anche per le conferenze, la scrittura, per vedere mostre, scoprire architettu­re e luoghi importanti della nostra cultura. Non ho mai rimpianto di aver smesso, anzi». Ma la scrittura per Brendel significa anche poesia: «Ho scritto poesie, ma non sempre. È l’aspetto più creativo, che va a periodi e si contrappon­e a quello di interprete. Durante la mia tarda adolescenz­a, volli misurarmi con una serie di sonetti, e pure dipingevo e componevo; ma è stato un “periodo di genio” piuttosto circoscrit­to. Mentre le centinaia di testi poetici che ho scritto nella fase centrale della vita sono nate con la volontà di plasmare in parole un’immagine, un racconto, un’idea, in una forma caratteriz­zata e per me originale. Molte poesie sono visioni fantastich­e, o bizzarre, oppure riflession­i sulle contraddiz­ioni e le assurdità di un mondo che per essere sopportato richiede anche un forte umorismo. Insomma l’arte quale “velo dell’ordine”, come scriveva Novalis, nel tentativo di dare forma al caos. Per aiutarci a resistere, e anche a sorridere».

Lontano dal palco Ho deciso di uscire dalle scene perché volevo finire mentre ero ancora sicuro di avere il pieno controllo sulle mie facoltà fisiche e mentali

L’altra passione

Mi sono messo a scrivere poesie per plasmare in parole immagini, idee, racconti e riflession­i sulle contraddiz­ioni e le assurdità del mondo

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 ??  ?? Maestro Sopra: il pianista Alfred Brendel A fianco insieme al Quartetto Epos durante una delle lezioni tenute ieri
Maestro Sopra: il pianista Alfred Brendel A fianco insieme al Quartetto Epos durante una delle lezioni tenute ieri

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