«Così togliamo opportunità ai più giovani»
Professor Riccardo Del Punta, ordinario di Diritto del Lavoro alla Facoltà di Giurisprudenza di Firenze, lei è favorevole o contrario alla proposta del governo di vietare le aperture domenicali nella grande distribuzione?
«Sono contrario. Indietro non si deve tornare. Il percorso è tracciato, la direzione è chiara e questa evoluzione non va ostacolata, caso mai accompagnata».
Ah, quindi è una «evoluzione». «Ne esistono tante altre di situazioni di lavoro domenicale e per i giovani all’inizio del loro percorso professionale è un’occasione di lavoro in più. Deliberare la chiusura obbligatoria sul piano delle occasioni occupazionali non è certo una novità positiva».
C’è chi ci vede una forma di sfruttamento...
«I giovani li sfrutti se non li paghi quanto devi, non se decidi quando possono o non possono lavorare. Il problema dello sfruttamento non si risolve certo non-impiegando le persone».
Dal punto di vista del diritto del lavoro, qual è il punto chiave della discussione?
«C’è una vecchia giurisprudenza della Cassazione che obbliga a una maggiorazione del salario nei festivi, a seconda dei vari contratti collettivi. Il punto è fidarsi o meno di come questi contratti vengono applicati».
Ci dobbiamo fidare?
«È rischioso. Molte catene tendono comunque a risparmiare il più possibile e cercano il modo di farlo».
Ecco dunque che torniamo al problema dello sfruttamento.
«La parola sfruttamento è una semplificazione linguistica ingiustificata
Obbligare a chiudere la domenica riduce gli spazi di occupazione per i giovani Il problema è pagarli bene e non decidere quando possono lavorare
di questo ministro»
Dice anche che il lavoro domenicale distrugge le famiglie.
«Magari le famiglie che lavorano nella piccola distribuzione avranno un danno. Ma tutte le altre un maggiore agio negli acquisti».
Torniamo al tema dei contratti... «Sono molto favorevole ai “contratti weekend”: permettono occasioni di lavoro per giovani altrimenti inattivi. In seconda ipotesi si può optare per gli straordinari festivi, e si sa quanto gli straordinari facciano comodo».
La Cgil sposa l’idea di Di Maio.
«La classica posizione della Cgil. Di retroguardia. Fossi in loro mi preoccuperei di far regolamentare bene queste ipotesi di contratto. Altrimenti buttiamo via il bambino con l’acqua sporca e non si fa certo un favore al mercato del lavoro dei giovani, che già faticano tanto».
I sindacati dovrebbero preoccuparsi dei diritti...
«Vogliamo fare gli schizzinosi in un mercato del lavoro come quello italiano?»
Quindi dovremmo puntare verso modelli esteri?
«Quello anglosassone, con i negozi aperti 24 ore su 24, senza regole, è forse troppo diverso dal nostro. Però una certa evoluzione anche del nostro, in quella direzione, è imposta dal mutamento naturale delle cose».
Anche il ministro punta sul tema dei diritti come freccia al proprio arco.
«Noto che Di Maio si occupa molto dei diritti ma poco di favorire le dinamiche produttive».
Indietro non si torna L’evoluzione deve essere accompagnata e non ostacolata Mi pare che Di Maio si occupi tanto di diritti e non di favorire l’economia