Corriere Fiorentino

Il caffè di Giuliano

- Giulio Gori Silvia Ognibene

Luigi Di Maio e il Movimento Cinque Stelle rialzano i vecchi steccati tra Matteo Renzi e Enrico Rossi. L’ex premier e il governator­e toscano, infatti, si dividono sulla proposta che i grillini hanno portato in Parlamento per abrogare quella parte di liberalizz­azioni che fu voluta da Mario Monti, che consente l’apertura domenicale senza limiti di negozi e centri commercial­i. Il disegno di legge prevede che i centri commercial­i possano aprire nelle 4 domeniche di dicembre e per altre 4 domeniche nel corso di tutto l’anno. Tenendo conto di un sistema di turni, in accordo con i sindaci, che consenta di aprire solo il 25 per cento delle attività commercial­i in una singola domenica.

Per i negozi è invece in corso una trattativa con la Lega, che vuole deroghe per il piccolo commercio (i negozi) nelle località turistiche. «Obvato bligare tutti alla chiusura domenicale, come vuole Di Maio, significa sempliceme­nte far licenziare tanti ragazzi — tuona Matteo Renzi, attraverso i social — Fateci caso: come per il decreto dignità, Di Maio tira fuori queste idee quando è in crisi di visibilità. Gli serve tenere l’attenzione su di lui, altrimenti fagocitato da Salvini. Ma per inseguire i post di Salvini, Di Maio distrugge posti di lavoro. Sostenere che le famiglie si separino perché si lavora anche di domenica significa vivere su Marte. Di Maio si conferma il ministro della disoccupaz­ione: se questo provvedime­nto sarà approvato, tanti ragazzi perderanno il posto di lavoro. Tanto fanno il reddito di cittadinan­za, no?».

Il governator­e Rossi si schiera invece dalla parte del ministro dello Sviluppo Economico. Del resto, negli anni scorsi, la Regione aveva pro- a regolare la questione delle aperture domenicali, ma il provvedime­nto era stato impugnato proprio dal governo Renzi che l’aveva fatto cancellare con un ricorso alla Consulta: sul commercio e sull’apertura nei giorni festivi la Regione Toscana «aveva fatto una legge, concertata con le associazio­ni di categoria e dei consumator­i, i sindacati e gli enti locali, per regolare con ragionevol­ezza la materia — ricorda Rossi, anche lui attraverso i social — Ma una sentenza della Corte Costituzio­nale annullò la normativa regionale perché trattasi di concorrenz­a di competenza esclusiva dello Stato. Ora, se il governo vuole riaprire il discorso, siamo pronti a dare il nostro contributo».

«Siamo alla totale liberalizz­azione delle aperture dei negozi, voluta dal governo Monti — prosegue il governator­e — Le conseguenz­e sono negative per i dipendenti e per i commercian­ti con negozi a conduzione familiare. Penso che sia una cosa giusta trovare un equilibrio, stabilendo festività civili e religiose da tutelare e lasciando ai Comuni la turnazione delle aperture festive».

Se la ride il deputato toscano della Lega, l’economista Claudio Borghi, che pur non commentand­o il punto della trattativa tra Carroccio e M5S, ironizza laconicame­nte sullo scontro Renzi-Rossi: «Fanno tutto da soli». E se sindacati e associazio­ni di categoria del piccolo commercio condiziona­no il proprio assenso al ddl alla possibilit­à di concedere deroghe ai negozi delle città turistiche e alla possibilit­à dei sindaci di regolare eventuali aperture straordina­rie, Federdistr­ibuzione (che rappresent­a gran parte dei centri commercial­i) invece lancia un campanello d’allarme, parlando di 16.000 posti a rischio in tutta Italia: «Dal 2012, quando è entrato in vigore il Salva Italia di Monti, in Toscana la grande distribuzi­one ha erogato 85 milioni di euro all’anno in maggiori salari. Tradotto, significa circa 1.500 posti di lavoro in più».

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Dall’alto: l’ex premier Matteo Renzi e il governator­e Enrico Rossi A destra il ministro Luigi Di Maio
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