Il caffè di Giuliano
Luigi Di Maio e il Movimento Cinque Stelle rialzano i vecchi steccati tra Matteo Renzi e Enrico Rossi. L’ex premier e il governatore toscano, infatti, si dividono sulla proposta che i grillini hanno portato in Parlamento per abrogare quella parte di liberalizzazioni che fu voluta da Mario Monti, che consente l’apertura domenicale senza limiti di negozi e centri commerciali. Il disegno di legge prevede che i centri commerciali possano aprire nelle 4 domeniche di dicembre e per altre 4 domeniche nel corso di tutto l’anno. Tenendo conto di un sistema di turni, in accordo con i sindaci, che consenta di aprire solo il 25 per cento delle attività commerciali in una singola domenica.
Per i negozi è invece in corso una trattativa con la Lega, che vuole deroghe per il piccolo commercio (i negozi) nelle località turistiche. «Obvato bligare tutti alla chiusura domenicale, come vuole Di Maio, significa semplicemente far licenziare tanti ragazzi — tuona Matteo Renzi, attraverso i social — Fateci caso: come per il decreto dignità, Di Maio tira fuori queste idee quando è in crisi di visibilità. Gli serve tenere l’attenzione su di lui, altrimenti fagocitato da Salvini. Ma per inseguire i post di Salvini, Di Maio distrugge posti di lavoro. Sostenere che le famiglie si separino perché si lavora anche di domenica significa vivere su Marte. Di Maio si conferma il ministro della disoccupazione: se questo provvedimento sarà approvato, tanti ragazzi perderanno il posto di lavoro. Tanto fanno il reddito di cittadinanza, no?».
Il governatore Rossi si schiera invece dalla parte del ministro dello Sviluppo Economico. Del resto, negli anni scorsi, la Regione aveva pro- a regolare la questione delle aperture domenicali, ma il provvedimento era stato impugnato proprio dal governo Renzi che l’aveva fatto cancellare con un ricorso alla Consulta: sul commercio e sull’apertura nei giorni festivi la Regione Toscana «aveva fatto una legge, concertata con le associazioni di categoria e dei consumatori, i sindacati e gli enti locali, per regolare con ragionevolezza la materia — ricorda Rossi, anche lui attraverso i social — Ma una sentenza della Corte Costituzionale annullò la normativa regionale perché trattasi di concorrenza di competenza esclusiva dello Stato. Ora, se il governo vuole riaprire il discorso, siamo pronti a dare il nostro contributo».
«Siamo alla totale liberalizzazione delle aperture dei negozi, voluta dal governo Monti — prosegue il governatore — Le conseguenze sono negative per i dipendenti e per i commercianti con negozi a conduzione familiare. Penso che sia una cosa giusta trovare un equilibrio, stabilendo festività civili e religiose da tutelare e lasciando ai Comuni la turnazione delle aperture festive».
Se la ride il deputato toscano della Lega, l’economista Claudio Borghi, che pur non commentando il punto della trattativa tra Carroccio e M5S, ironizza laconicamente sullo scontro Renzi-Rossi: «Fanno tutto da soli». E se sindacati e associazioni di categoria del piccolo commercio condizionano il proprio assenso al ddl alla possibilità di concedere deroghe ai negozi delle città turistiche e alla possibilità dei sindaci di regolare eventuali aperture straordinarie, Federdistribuzione (che rappresenta gran parte dei centri commerciali) invece lancia un campanello d’allarme, parlando di 16.000 posti a rischio in tutta Italia: «Dal 2012, quando è entrato in vigore il Salva Italia di Monti, in Toscana la grande distribuzione ha erogato 85 milioni di euro all’anno in maggiori salari. Tradotto, significa circa 1.500 posti di lavoro in più».