Il saliscendi di Simona «Poi ritorna sempre...»
Da Scandicci a Bruxelles, tra ironie e rivincite
«Ma guarda la Simona...». Matteo Renzi si fa largo tra la folla di simpatizzanti, sindaci e dirigenti del Pd arrivati per lui alle Cascine e ad un certo punto rallenta, si sposta un po’ di lato e si fa raggiungere da Simona Bonafè. A forza di abbracci, foto, strette di mano, selfie, arrivano insieme sotto al palco della festa dell’Unità. Il vecchio militante, imperturbabile davanti al trambusto, li vede passare e dice al compagno: «Ma guarda la Simona... La ritorna sempre, eh? Non è che alla fine ci diventa presidente della Regione?». Beh, questo è un po’ presto per dirlo, ma di sicuro «ritorna sempre» sarebbe un buono slogan per la campagna di Bonafè. Perché la storia dell’europarlamentare Pd è stata costellata fin qui da piccole grandi rinascite dal dimenticatoio e dalle quarantene a cui a volte la politica condanna i suoi protagonisti. Come a Bonafè è successo dopo gli scontri (sempre sottotraccia e sempre pubblicamente smentiti) con Maria Elena Boschi...
Originaria di Azzate (Varese), 45 anni compiuti a luglio, Bonafè è toscana per amore. Il futuro marito, che poi diventerà ex, è uno scandiccese impegnato nel volontariato e vicino a Rinnovamento Italiano, il partito di Lamberto Dini. Ed è proprio nel minuscolo movimento fondato dall’ex presidente del Consiglio, già ministro nel primo governo Berlusconi, che a cavallo del 2000 inizia l’avventura politica della candidata alla guida del Pd toscano. Poi il partito di Dini confluisce nella Margherita e lei conosce Matteo Renzi, a cui nel 2004 cura la comunicazione nella campagna per la presidenza della Provincia. Conquistato Palazzo Medici Riccardi, Renzi la premia suggerendola al neo-sindaco di Scandicci Simone Gheri, che era alla ricerca di una donna per completare la giunta. Bonafè diventa assessore all’ambiente tra i dubbi e le ironie degli alleati Ds e di qualche collega di giunta. «In realtà nella Margherita di Scandicci Simona portò una sorta di rottamazione ante litteram, facendo fuori diversi vecchi democristiani», racconta ora un compagno scandiccese. Lei resta in giunta per 5 anni e, sempre sotto la tutela di Renzi, che fa pure il testimone di nozze al marito nel 2006, viene confermata nel 2009. Ma è solo l’inizio. Tre anni dopo il grande salto: Renzi la chiama a coordinare la campagna delle primarie contro Bersani insieme a Maria Elena Boschi e Sara Biagiotti. Vengono ribattezzate le Renzi’s Angels e girano l’Italia con e a volte al posto del rottamatore. Ma con Boschi sono scintille, anche se riescono a nasconderle al grande pubblico: la veloce ascesa dell’avvocatessa di Laterina non piace granché alla renziana della primissima ora Bonafè. Malgrado queste tensioni entrambe vengono candidate alle elezioni del 2013 ed entrambe diventano deputate, ma Renzi non dimentica e non perdona le alzate di testa di Bonafè, che viene messa in disparte.
Fino alle Europee del 2014, quando l’allora leader Pd — divenuto premier da pochi mesi — cerca volti giovani e possibilmente femminili per la prima vera sfida con i Cinque Stelle. Bonafè viene candidata capolista nella circoscrizione Centro, anche in questo caso tra dubbi («Mandiamo l’assessore di Scandicci a Bruxelles?», era la battuta più gentile che circolava all’epoca) e qualche malelingua. Non è una vittoria, è un trionfo: Bonafè prende 288 mila preferenze, è la candidata più votata d’Italia. Ironia della sorte per i suoi critici, si occupa soprattutto di ambiente. Da allora fa la pendolare radicale: i viaggi settimanali per Bruxelles partono, sempre da Scandicci, in tramvia. E due anni fa si prende pure una multa da 50 euro: una mattina i controllori scoprono che ha fatto il biglietto con il cellulare dopo essere salita sul tram e non prima, come si dovrebbe. «Almeno non si dirà che non prendo i mezzi pubblici», scherza lei il giorno dopo. Ora un nuovo viaggio, in un partito ancora tramortito dalle sconfitte a Pisa e Siena e impaurito dall’avanzata della Lega, perché a maggio si vota a Firenze e Prato. «La Simona ritorna sempre», sì. Ma stavolta non è detto che basti.
Gli attriti con Boschi Erano le «Renzi’s angels» alle primarie del 2012, ma tra le due volavano scintille