Oggi l’open day di Scienze aziendali: il lavoro tra i banchi
Terrazzi, presidente della Scuola di Scienze aziendali: il 95% dei ragazzi trova lavoro
«Le statistiche contano, danno la misura del successo o del fallimento, però…» Quando Claudio Terrazzi arriva al «però», ha già snocciolato i numeri che lo inorgogliscono: la Scuola di Scienze Aziendali Piero Baldesi che presiede — oggi alle 17 in via Tagliamento 16 l’open day del 33° anno — diploma 60 studenti a corso e «garantisce» un’occupazione a 95 di loro su 100. Gli abbiamo chiesto cosa lo rendesse più felice nel suo lavoro. Ed è lì che arriva il però: «Più di ogni cifra occupazionale, è ricevere un’email come questa». La apre. Legge: «Caro presidente, un anno e mezzo fa vi ho mandato mio figlio. Era un ragazzo. Oggi mi restituite un uomo». Firmato da un genitore. Perché c’è una dimensione umana che sopravanza qualsiasi grafico, tabella o addestramento alla vita da manager.
Ciononostante, presidente Terrazzi, è bene iniziare dai numeri.
«Ogni anno riceviamo un centinaio di domande e accettiamo 60 studenti per 18 mesi di corso in 3 semestri: formazione generale, specializzazione in marketing, gestione impresa amministrativa o tecnologia industriale, e stage». Come avviene la selezione? «Più che altro è motivazionale, caratteriale. Cerchiamo ragazzi di grande forza di volontà. Il target è 23-24 anni, post-diploma o post-laura». Chi si rivolge a voi?
«Molti sono delusi dal percorso universitario. Immaginavano un certo tipo di carriera, poi si accorgono che non faceva per loro e cercano noi per cambiare vita».
Quali qualità devono avere per essere accettati?
«Voglia di fare, umiltà e ambizione di crescere».
Non c’è manager senza ambizione...
«Ma gli insegniamo anche a non sgomitare. Non vogliamo allevare piccoli squali». E se vi capita lo squalo? «Lo trasformiamo in delfino: nuota forte lo stesso, ma vuoi mettere la differenza di qualità tra i due animali?» Sono «affamati» di lavoro? «La parola “affamati” non mi piace. Diciamo “volenterosi”. Poi uno diventa manager, un altro semplice impiegato». I vostri punti di forza? «Siamo un vero ponte tra formazione e mondo del lavoro. Diamo alle aziende personale non del tutto acerbo che fa esperienze vere, anche a livello umano: ogni mattina per esempio gli studenti smarcano il badge, come in un vero ufficio. Se arrivano tardi se ne tornano a casa. Simuliamo il mondo del lavoro anche nell’abbigliamento. Cravatta compresa».
Le simulazioni prendono anche la forma del gioco?
«Una volta all’anno facciamo il “sindacal-game”: un gioco di ruolo in cui impersonano i vari attori di una vertenza sindacale; uno veste panni del manager, uno del dipendente, uno il sindacalista. Poi c’è il business tutor, l’evento apicale del corso, a luglio: divisi in 8 gruppi, gli studenti si sfidano a sviluppare un business plan e chi vince ha una borsa dagli sponsor». E i punti da migliorare? «Aumentare gli studenti e allargarci a livello regionale. Siamo troppo “fiorentini” e deboli sulle altre province».
L’«Unione dei diplomati» dimostra che c’è affiatamento anche dopo: non vanno ognuno per la propria strada, restano in contatto negli anni.
«Si ritrovano in associazione, tornano per testimoniare la loro esperienza ai nuovi, come dei motivatori. Si scambiano esperienze. È bello».
Accogliamo molti delusi dall’Univers ità che hanno bisogno di trovare la loro strada Creiamo un vero ponte con il mondo del lavoro, simuliamo la vita in azienda attraverso i giochi Ma dobbiamo essere più capillari sul territorio