DOVE FINISCONO QUESTI BINARI
Il progetto dell’aeroporto di Firenze rischia di assomigliare ai vagoni in corsa di Train de Vie. Sulle note di Goran Bregovic gli ebrei di uno shtetl immaginario viaggiano verso la libertà, ma poi li ritroviamo tragicamente rinchiusi in un campo di concentramento. La fuga era tutta nella testa di Shlomo, lo scemo del villaggio. Così lo sviluppo di Peretola sembra lanciato sui binari giusti: il progetto ha superato la Valutazione di impatto ambientale, il Cipe ha stanziato i soldi pubblici necessari alla realizzazione della nuova pista, venerdì scorso si è aperta la conferenza dei servizi. Anche in questo caso c’è il rischio di un brutto risveglio, con l’aeroporto di Firenze bloccato per soddisfare la battaglia politica dei Cinque Stelle.
Uscendo dal grande schermo, il modus operandi del ministro grillino Danilo Toninelli sull’aeroporto di Firenze è identico a quello usato con il ponte Morandi di Genova. Da una parte l’iter istituzionale, dall’altra uno strepito d’armi tutto a favor di popolo per mostrare pugno duro e (presunta) discontinuità rispetto al passato, ovviamente cattivo & corrotto, con i siluri del ministro che rischiano di far finire fuori strada anche le procedure. Il risultato è lo scontro istituzionale. Il ministro bolla come «spreco di fondi pubblici» la messa in sicurezza dell’aeroporto, in un muro contro muro da campagna elettorale permanente, il sindaco Dario Nardella si sente sotto assedio e rivendica la costruzione della nuova pista «senza se e senza ma», anche se lo slogan non è che abbia portato benissimo alla sinistra… Lo scontro istituzionale è tanto più grave perché rischia di spostarsi da Peretola ai rapporti tout-court tra governo e Palazzo Vecchio, anche in virtù del voto per il sindaco del prossimo anno, e ad avere la peggio sarà soltanto Firenze e il suo tessuto economico. In tutto questo levarsi di voci colpisce il silenzio quasi totale dell’altro socio di governo, la Lega, che pure sulle ragioni delle imprese — e nella partita dell’aeroporto di Peretola è chiaro dove stiano gli interessi delle imprese — aveva costruito una parte importante delle sue fortune elettorali. Ma era un’altra Lega, non ancora ceccardizzata.