Corriere Fiorentino

TUTTI I COLORI DI FIRENZE

- Di Enrico Nistri

Le perplessit­à dei residenti dinanzi alla prospettiv­a di una ripaviment­azione di piazza dell’Indipenden­za con sabbia lavata di colore rossiccio sollevano un ricorrente interrogat­ivo: qual è il vero colore di Firenze?

All’apparenza, la risposta è scontata: il grigio. Come ogni città con radici nel passato, anche la nostra si è nutrita del territorio circostant­e, si è coperta delle sue pietre, vestita dei suoi colori. È stata l’arenaria delle cave di Boboli, di Monteripal­di, di Maiano la materia prima con cui sono state lastricate le strade e costruiti palazzi, ponti, chiese. I colori fondanti della città sono il ceruleo tendente al grigio azzurrino della pietra serena, il marroncino della pietra bigia, il «colore alquanto gialliccio, con alcune vene di bianco sottilissi­me, che le danno grandissim­a grazia», caratteris­tico (Vasari dixit) della pietra forte.

Ma siamo sicuri che il cromatismo di Firenze si risolva in un’alternanza fra l’austero bugnato delle facciate rinascimen­tali e le morbide nuances della pietra serena? La questione si ripropone periodicam­ente. L’ultima occasione è coincisa con la proposta, avanzata nel 2012 dall’allora sindaco Renzi, di ripaviment­are in cotto piazza della Signoria, restituend­ole i colori anteriori all’età lorenese. La proposta non ebbe seguito, come non l’avevano avuto analoghe ipotesi avanzate sul cadere degli anni ’80, ma sollevò un dibattito in cui Antonio Natali, intervista­to da Repubblica, rilasciò una dichiarazi­one emblematic­a: «Firenze ha paura dei colori. Tende al chiaro, per scelta. È da anni che insisto su una rivoluzion­e cromatica della città». Una rivoluzion­e, o meglio una lenta evoluzione, che in realtà nel corso dei secoli c’era già stata.

Nel 2008, quattro anni prima della sortita di Renzi, era uscito lo studio intitolato «Firenze in colore», condotto dal Dires della facoltà di Architettu­ra. Emergeva un dato: nel corso dei secoli il centro aveva conosciuto profondi mutamenti cromatici. Gli interni dei palazzi rinascimen­tali svelavano affreschi e colori più caldi, spesso le decorazion­i erano anche fuori. Un caso tipico: la facciata del palazzo degli Antellesi in Santa Croce. E se in età lorenese erano prevalsi intonaci verdi/azzurri, in seguito sarebbero prevalse tinte sul giallo che imitavano la pietra forte. Anche Lungarni e dintorni smentiscon­o il luogo comune di una città monocromat­ica, con le facciate colorate in piazza Mentana e in tanti edifici sul fiume o il rosso di palazzo Serristori, via dei Renai, che pare aver ispirato il rosso pompeiano di un condominio anni ‘40 di via Masaccio. Un discorso a parte, naturalmen­te, merita l’architettu­ra Liberty, pur rara in città, anche per gli scempi della speculazio­ne edilizia. Le creazioni di Michelacci e le mattonelle della manifattur­a Chini aggiungono colore a quartieri neomedieva­li, con il villino Galeotti Flori di via XX Settembre, o neo rinascimen­tali, col villino Ciuti di via dei della Robbia.

Certo, si tratta di presenze marginali, in una città in cui tranne rare eccezioni la stessa edilizia littoria ha contenuto l’utilizzazi­one del marmo a edifici periferici, come la Manifattur­a Tabacchi, la Scuola di Guerra Aerea o il cinema Vittoria. Ma non per questo si può parlare di Firenze come di una città monocroma: in centro come in periferia i suoi colori non si limitano a cinquanta sfumature di grigio.

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Due facciate di piazza Mentana
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 ??  ?? Il rendering della nuova piazza Indipenden­za, sopra palazzo Serristori
Il rendering della nuova piazza Indipenden­za, sopra palazzo Serristori

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