Vicofaro, chiuso il centro dei migranti «Li metto in chiesa»
«Carenze igieniche e di sicurezza». Il parroco di Vicofaro: disegno politico, ricorrerò al Tar
Il Comune di Pistoia ha notificato al parroco di Vicofaro, don Massimo Biancalani, un’ordinanza per la cessazione dell’attività di accoglienza nei locali della canonica. Il provvedimento è scattato dopo controlli effettuati in più volte da questura, Asl, vigili urbani e vigili del fuoco, che hanno mostrato l’inidoneità della struttura a ospitare così tante persone. E lui: «Li porto in chiesa».
La peggiore notizia per don Massimo Biancalani viaggia sulle gambe di un messo comunale. Sono due pagine di un’ordinanza con cui si ordina al prete dei migranti, come viene chiamato, di «cessare l’attività di accoglienza di persone comunitarie ed extracomunitarie». Sono le 16.25 di una giornata caldissima quando il dipendente del Comune arriva alla parrocchia di Vicofaro e consegna il documento nelle mani di don Massimo, appena arrivato alla guida del suo pullmino bianco.
Un minuto dopo Don Massimo è seduto alla sua scrivania, in mezzo alle carte e a scatole di medicine, e legge ad alta voce: «Visto il sopralluogo dell’11 agosto della polizia municipale, visto il sopralluogo del 24 agosto dei vigili del fuoco e dei tecnici della Usl, preso atto che le carenze rilevate in materia igienico-sanitarie e di sicurezza sono tali da considerare i locali della parrocchia non idonei all’accoglienza di elevato numero di persone, come quello riscontrato, si ordina di cessare l’attività.
«Come... cessare...». Don Massimo abbassa la voce e si ferma: «Me l’aspettavo una cosa del genere ma non così. Pensavo ci dessero il tempo per organizzarci, invece...». Chiama gli avvocati e annuncia ai giornalisti presenti: «Impugneremo l’ordinanza, poi stasera faremo una riunione per decidere come rispondere». È pacato nelle risposte, pacato nei toni. E adesso che succederà? «Stasera porteremo i materassi in chiesa e i ragazzi dormiranno lì. La chiesa è sufficientemente grande per ospitare tutti. Per un paio di mesi potremo sistemarci così. I letti li metteremo nel matroneo, la parte rialzata che è sempre inutilizzata. Certo ci sarà il problema dei bagni...», ragiona ad alta voce.
Quanti sono gli ospiti qui? Una settantina di persone, tra loro diversi sono italiani. C’è la ragazza senza fissa dimora che non si separa mai dal suo cane — elenca — c’è la signora di 70 anni, ci sono Luca e Patrizio, c’è il siciliano Luigi. «Un’umanità varia che si è aggiunta dallo scorso inverno per l’emergenza freddo e alla fine è rimasta». E poi ci sono loro, i migranti della discordia. «Per molti di loro sarà uno choc sapere quello che sta accadendo». Alcuni, dice don Biancalani, lavorano da mesi e i soldi per trovare un’altra sistemazione li hanno, qualcuno andrà dagli amici, gli altri non si sa.
Continua a sfogliare quelle due pagine come se all’improvviso potesse spuntare una soluzione da lì. «Esprimo tutto il mio dispiacere e il dissenso per questo provvedimento che è chiaramente frutto di una scelta politica. Sarà un caso ma da domani la prefettura mi ha anche sospeso la patente per un incidente avvenuto a marzo in cui non ho responsabilità. La persona coinvolta è finita tre giorni all’ospedale. Anche questo fa parte di un piano per colpire una realtà simbolo».
Oggi don Massimo aveva in programma un incontro con un ingegnere per discutere la ristrutturazione da realizzare nella parrocchia. Bisogna sistemare la cucina, «allora bastava chiudere quella». C’è il problema del sovraffollamento però. E i troppi materassi per terra ammassati nelle stanze. «Ci stavamo organizzando per acquistare letti a castello. Ma questa struttura è un convento del ‘700, non potrà mai essere completamente a norma. Potrei fare un elenco delle parrocchie e anche delle scuole che non sono a norma. Questo provvedimento significa che i migranti qui non ci possono stare ma i bambini per il catechismo sì?. Di fronte al dramma che vivono queste persone — si sfoga — noi diamo quello che possiamo dare: un giaciglio, per terra certo, e non a norma, ma parliamo di gente che è passata attraverso il Niger o la Liba. Qui trovano tanta umanità. Nessuna cooperativa fa quello che facciano noi. Ci sono tanti volontari, medici, dentisti, avvocati che ci danno una mano. Noi non ci fermeremo — assicura — questo patrimonio non verrà disperso. Andremo ovunque per farci sentire. Faremo proteste non violente, anche il digiuno se necessario, come farà padre Alex Zanotelli davanti a Montecitorio. Abbiamo iniziato questa avventura accogliendo l’appello del Papa ma in questi mesi abbiamo sofferto l’isolamento da parte del mondo cattolico». E il vescovo l’ha sentito in questi giorni? «No, non ci siamo sentiti. Lui è dell’idea che si deve lavorare nel silenzio, io credo invece che si debba parlare e contestare. Anche un ministro che esulta su Twitter per la chiusura del centro di accoglienza».