Quegli ottanta ospiti, tutti senza controllo E l’offerta della Caritas
Senzatetto, pregiudicati, clandestini: chi c’è nel centro
Don Massimo pensa a voce alta: «Per trasportare i materassi in chiesa bisogna che arrivino ragazzi da Prato…». «I ragazzi da Prato» sono quei migranti, ospiti della sua struttura, che vanno a lavorare nei pronto moda cinesi: partono la mattina, tornano con l’ultimo treno dalla stazione di Porta al Serraglio, camminano nella notte sino alla parrocchia.
Ma chi sono le persone ospitate da questo centro di accoglienza sotto sfratto? Che cosa fanno, quanti sono? E perché hanno scelto Vicofaro? Mettendo insieme il racconto del parroco con i numeri raccolti dalla Caritas e dalla questura di Pistoia emerge un ritratto nitido. Le presenze sono in continua evoluzione. L’ultima volta, qualche giorno fa, erano 80. Una legge del 2008 obbliga i proprietari di un’abitazione a segnalare alla questura i propri ospiti e le loro generalità.
La parrocchia di don Biancalani ha segnalato nomi e cognomi di 38 persone, quasi tutti migranti, uomini tra i 19 e i 25 anni. Queste persone, segnala Caritas — che ha confrontato i nominativi accedendo alla propria banca dati interna — hanno accesso a centri di ascolto di altre città della Toscana: Firenze, Lucca, Prato, Massa Marittima e altre città. Ma finiscono per andare a dormire a Pistoia, in quel centro. Che evidentemente costituisce per loro un porto sicuro, probabilmente un’opportunità per il fatto di essere fuori da ogni circuito ufficiale, specie dopo la chiusura del Centro di accoglienza straordinario (Cas) ordinato due settimane fa dalla prefettura.
A questo proposito la Caritas pistoiese ha offerto in almeno due occasioni ufficiali aiuto al parroco di Vicofaro per ospitare altrove i migranti. Ma lui, lo ha ribadito ieri, ha rifiutato spiegando all’associazione cattolica che «sarebbe stato meglio che loro si fossero spesi con il Comune per dargli tregua, per trovare una mediazione affinché gli ospiti restassero lì dove sono». Anche in queste ore, dalla Caritas e dalle associazioni cattoliche della città, arriva l’auspicio che «la situazione si possa risolvere con un po’ di buonsenso, per mettere queste persone nelle condizioni dignitose che meritano e per toglierle dal fuoco delle polemiche: un intendimento che era alla base delle offerte fatte anche nei mesi scorsi e che ora diviene necessario».
«Noi continuiamo a fare dei corsi, ma è impossibile — ammette don Biancalani — controllare la vita di queste persone». E così, come hanno spiegato gli stessi migranti e come il parroco sa, molti di loro vanno a lavorare du- rante il giorno in città limitrofe a Pistoia. «Questi tornano anche a tarda notte», precisa il prete.
Il centro non ha orari o registri da firmare: questo aspetto incide in maniera risolutiva sulla preferenza di chi lo ha scelto. Allo stesso modo condiziona altrettanto chi desidera un luogo che rimanga a margine dei circuiti canonici. Così, nel cortile della parrocchia, si incappa in diversi italiani: una settantenne pistoiese che ha perso da poco la casa, due cinquantenni — Luca e Patrizio — «qui da due anni», oltre a una giovane che non riesce a vivere lontana dal suo cane: tutti senza fissa dimora.
Ci sono altre trentasette persone, a Vicofaro. Fantasmi che non risultano in nessun censimento ufficiale: tra loro c’è una giovane prostituta cacciata dal centro di recupero di Agliana perché continuava a vendersi, ma per lo più si tratta di ragazzi africani. Giovani che hanno avuto problemi di ogni genere con lo Stato o con la giustizia, che sono stati destinatari di provvedimenti di espulsione, che hanno avuto precedenti di polizia, in primo luogo per spaccio. Ieri mattina, a occuparsi di chiamare don Biancalani al telefono per avvisarlo dell’arrivo di nuovi ospiti, c’era un giovanissimo gambiano: «È il ragazzo che è stato arrestato, è ai domiciliari» spiega il parroco, che pare scegliere appositamente di dare ruoli di responsabilità alle persone che si sono macchiate di una qualche colpa.