QUI CI SAREBBE UNA FARMACIA
Piazza San Felice: in fondo a destra ci sarebbe una farmacia. Di solito, «in fondo a destra», anche nei peggiori bar di Caracas (come diceva una pubblicità negli anni ‘90), c’è la toilette. Qui invece, quattro pannellacci di legno oscurano un punto di riferimento dell’intero rione. Messo in scatola. Ridotto a ripostiglio di strada. Umiliato nella sua funzione economica e sociale. Diceva l’altro ieri una delle suore del convento di San Pier Martire: «Firmi questa petizione, la faccia girare; noi quando dobbiamo andare in farmacia, senza riuscire a capire se è aperta o chiusa, dobbiamo passare dalla rosticceria e poi tra i clienti del dehors accanto. È una cosa civile?». La prima petizione era per salvare la farmacia, quella nuova è per liberarla dalla prigionia. Forse il cantiere allestito a maggio dai nuovi proprietari del palazzo per farci residenze turistiche è a norma. Di certo, nonostante le firme già raccolte dai residenti( compresa quella del sindaco Nardella), ci sono gli effetti che il cantiere ha avuto: i pesanti disagi per i clienti della farmacia; il livello di sicurezza abbassato di parecchio per i pedoni che devono scendere dal marciapiede in un punto della piazza molto stretto anche quando il cantiere non c’era; i guai della farmacia che già era a rischio sfratto (perché i nuovi proprietari vogliono comunque aumentare l’affitto) e che attende la sua sorte nello scatolone. Quasi fosse una punizione per non avere accettato la propria fine. Ma Palazzo Vecchio? Forse non ha sufficienti strumenti per intervenire. Forse i righelli dei vigili o dei tecnici che hanno preso le misure non sono in fondo nemmeno quelli giusti. Forse il sindaco dovrebbe spendersi ancora in prima persona per provare a convincere gli «inscatolatori». A non accanirsi. Almeno.