Il David con Queen Mary
A Copenaghen la copia dell’opera di Michelangelo guarda la guerriera nera Due mondi a confronto: il difensore delle libertà civili e l’eroina che lottò contro la schiavitù
Un fiorentino a Copenaghen. La riproduzione fedele del David di Michelangelo, in bronzo, sul lungomare del porto antico della cittadina danese, rappresenta uno sguardo sul colonialismo, parla di evoluzione e di diritti e sogna di far innamorare la sirenetta, simbolo indiscusso di Copenaghen. Di copie, più o meno belle, del David di Michelangelo, ce ne sono parecchie sparse in tutto il mondo, dall’Albert Museum di Londra, al Park Den Brandt ad Anversa, fino a quella di Buffalo New York, e di Mexico City: acchiappano clic fotografici, servono agli alunni per studi, ricerche e disegni, fanno sognare milioni di turisti, prima che possano vedere il vero David, conservato a Firenze alla Galleria dell’Accademia. La copia del David in bronzo, che si trova dal
2013 sulla Langelinie Promenade di Copenhagen e che appartiene alla Danish Royal Cast Collection, ha però una storia molto diversa. Passeggiando nella vecchia area del porto, lungo il fronte dell’acqua, all’improvviso compare lui: imponente, 5 metri di altezza, inverdito dal salmastro, quasi imbruttito dalla patina azzurrata, che gli ha coperto gli occhi e lo sguardo. Ha un’aria di mare indurita, che non gli è consona (abituati a vederlo bianchissimo e lucente) e gabbiani che gli fanno compagnia; si staglia con- tro un antico ripostiglio per zucchero e rum, oggi sede ristrutturata della Royal Cast Collection, dentro cui è possibile ammirare oltre duemila sculture in gesso, contenenti quattromila anni di storia. Non è piazza della Signoria, e neanche l’algida ed elegante sede dell’Accademia: l’eroe biblico convive con navi, ormeggi e scarichi di porto. Ma non è solo.
È posizionato in modo che il suo sguardo sia diretto verso un’altra scultura, quella della regina Mary Thomas, inaugurata pochi mesi fa, il 12 aprile del 2018, per celebrare la grande rivolta dei coloni di St Croix, nelle Isole Vergini, avvenuta nel 1878, guidata appunto da una guerriera nera. La rivolta si concluse con una condanna detentiva per Mary Thomas e alcuni suoi sostenitori, scontata proprio a Copenaghen. L’artista danese Jeannette Ehlers e l’artista delle Isole Vergini La Vaughn Belle hanno così creato la prima scultura pubblica danese, intitolata I am Queen Mary, che commemora l’impatto coloniale della Danimarca nei Caraibi e l’abolizione della schiavitù. Il David fa la sua parte. All’interno della Royal Cast Collection si legge la motivazione del posizionamento di Queen Mary accanto all’eroe biblico rinascimentale: David si rivolge cautamente, ma coraggiosamente, verso la regina Maria, che invece ha lo sguardo rivolto in avanti, verso il futuro. Non è nei suoi pensieri. David, che sconfisse Golia, simboleggia la difesa delle libertà civili all’interno del canone occidentale, la forza e la bellezza giovanile, ma anche lo sguardo bianco, la supremazia bianca. I am Queen Mary rappresenta invece un’eroina che «riflette il potere di resistenza verso la disumanizzazione della gente — si legge alla Royal Cast Collection — combattendo contro la schiavitù, anche molto tempo dopo che la schiavitù è stata abolita». In lei non c’è piacere verso il suo corpo, è mezza seduta e mezza sdraiata, non è per niente regale, non incarna i canoni delle sculture femminili del passato, belle, potenti e sensuali. Queste caratteristiche, a Copenaghen, vengono lasciate all’icona maschile del David. A lui non è dato di sfidare Mary, anche se ha in mano le sue antiche armi; la può soltanto guardare, come una nave che spicca il largo, portando con sé nuovi valori e lasciando a terra pregiudizi e maschilismi. Se Ehlers e Belle, le due artiste ideatrici del progetto, relegano David ad un ruolo minore rispetto alla regina, non lo fanno i marinai di Copenaghen, che sperano invece che l’eroe possa salvare Den Lille Havfrue, la sirenetta raccontata nella favola di Andersen. La famosa scultura di bronzo sta infatti su uno scoglio a pochi passi dal David di Michelangelo, dove il canale curva a sinistra e la nicchia in cui la sirenetta aspetta il suo amore terrestre, impedisce di vedere l’eroe, bellissimo e forte. È un portuale che racconta ciò che si narra nelle stive delle navi, tra i marinai stanchi che arrivano in porto. La loro sirenetta, troppo spesso preda di atti di vandalismo, una volta imbrattata di rosso dagli ambientalisti contro la caccia alle balene, una volta decapitata, un’altra vestita di biancheria sexy dalle femministe, non trova pace. Aspetta l’amore della sua vita, con l’aria triste di chi non lo vede arrivare e per uno scherzo dell’uomo, il David di Michelangelo sta lì a pochi passi da lei. Se i due un giorno riuscissero a vedersi, credono i marinai, certamente si innamorerebbero, lui la proteggerebbe, lei non avrebbe più lo sguardo malinconico e sarebbe salva. Per sempre.