Uccisi per scrupolo dal gas antincendio
Arezzo: allarme all’Archivio di Stato, vanno nello scantinato a controllare e muoiono
L’allarme è suonato poco prima delle 8 e ha segnalato un principio di incendio all’interno dell’Archivio di Stato di Arezzo, nel centralissimo Corso Italia. Qualcuno ha provato a disattivarlo col sistema remoto ma il suono non si è fermato. Così Filippo Bagni (55 anni) e Piero Bruni (59), due dipendenti, sono scesi nel sottosuolo. Ma lì hanno trovato la morte, soffocati dai gas anti incendio.
L’allarme è suonato poco prima delle 8 e ha segnalato un principio di incendio. All’Archivio di Stato di Arezzo, elegante edificio storico nel centralissimo Corso Italia, qualcuno ha provato a disattivarlo col sistema remoto ma il suono non si è fermato. Così Filippo Bagni (55 anni) e Piero Bruni (59), due dipendenti dell’Archivio, sono scesi nel sottosuolo e si sono diretti nei locali dell’impianto. Nessuna telecamera ha registrato cosa sia successo, ma — secondo gli investigatori — i due uomini sono stati «investiti» dall’argon, un gas inerte e inodore. Hanno quindi perso conoscenza, sono svenuti e poi sono morti per asfissia perché questo gas, utilizzato come antincendio nei luoghi in cui schiume e liquidi potrebbero danneggiare documenti o opere d’arte, «mangia» l’ossigeno per evitare la combustione. I due forse hanno provato a scappare, perché i vigili del fuoco li hanno trovati sulle scale. La chiamata di soccorso è arrivata verso le 8,10 quando un terzo dipendente, preoccupato per l’assenza dei colleghi, è andato a verificare cosa fosse accaduto. Anche lui ha rischiato di soffocare ed è stato poi portato al pronto soccorso, ma prima è riuscito a chiamare aiuto. In un attimo sono arrivati vigili del fuoco, carabinieri e ispettori dell’Asl. La Procura di Arezzo ha disposto il sequestro dei locali dove è sistemato l’allarme. I medici del 118 hanno provato a lungo a rianimare i due uomini, che però sono morti nel tragitto verso il pronto soccorso. Residenti ed esercenti del centro sono stati invitati a tenere le finestre aperte per precauzione.
Il sostituto procuratore Laura Taddei ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo e ha ordinato l’esame autoptico sui due cadaveri. L’indagine si muove, al momento, in due direzioni: come mai è scattato l’allarme? Venti giorni fa la ditta che aveva installato l’impianto, e che lavora in appalto per l’Archivio di Stato, aveva effettuato la manutenzione. Ora gli inquirenti dovranno capire se tutto era a norma e se in passato l’allarme aveva dato altri problemi del genere: di sicuro i due dipendenti non indossavano alcuna mascherina. Vero è che il gas di per sé non sarebbe nocivo se respirato: c’è dunque da capire, eventualmente, in che proporzioni fosse presente in quei locali e se, anche sotto questo punto di vista, tutto fosse a norma.
Un funzionario dell’Archivio di Stato ha messo a verbale che Bruni e Bagni erano addetti alla sicurezza del locale. Anche questo dato dovrà però trovare una conferma. Nella seconda parte dell’inchiesta, infatti, si deve accertare se tutti i profili della sicurezza siano stati rispettati: i due dipendenti erano stati formati per affrontare una situazione del genere? I protocolli sono stati applicati alla perfezione? Le dotazioni di sicurezza erano adeguate?
C’è poi una seconda inchiesta, quella del governo. Il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, ha infatti disposto un’ispezione ministeriale. «Voglio porgere le mie più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e un augurio di pronta guarigione alla terza persona coinvolta nell’incidente — ha detto — Ho immediatamente disposto un’ispezione interna che possa essere di ausilio alla Procura. Funzionari andranno ad Arezzo, con i vertici del ministero stiamo seguendo in tempo reale la vicenda».
L’inchiesta
C’è da capire perché sia scattato l’allarme e se tutto fosse a norma, compresa la formazione dei due Il ministero manda gli ispettori