Toscana quarta in Italia per arresti con aggravante mafiosa
Il rapporto sulla criminalità organizzata: solo in Sicilia, Calabria e Campania la situazione è peggiore
«Non siamo la Calabria ma non per questo dobbiamo cullarci. Non si può coltivare l’idea di una Toscana felix solo perché i dati ci dicono che qui non ci sono insediamenti mafiosi». Il presidente della Regione Enrico Rossi commenta così il Rapporto sulla criminalità organizzata in Toscana, voluto dalla Regione e realizzato per il secondo anno dalla Normale di Pisa.
Il documento è stato presentato ieri pomeriggio a Palazzo Sacrati Strozzi alla presenza del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, del procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, del prefetto Laura Lega e dell’assessore regionale alla sicurezza Vittorio Bugli.
«La Toscana è in gran parte sana — dice Rossi — c’è un controllo sociale alto ma se vogliamo tutelarla dobbiamo alzare le antenne e denunciare quando si hanno sospetti. Dobbiamo sicuramente difendere il marchio della Toscana libera da presenze mafiose ma siamo sicuri — si domanda — che questo marchio interessi non solo noi ma anche la stessa criminalità organizzata?».
Servono controlli preventivi anche sugli investimenti, prosegue il presidente della Regione: «L’entusiasmo legittimo di amministratori di fronte all’arrivo di denaro si deve accompagnare anche a domande sulla provenienza di quel denaro». Il procuratore nazionale Cafiero De Raho spiega come sono cambiate le mafie, «con i mafiosi trasformati in avvocati e commercialisti». Una mafia tanto più pericolosa quanto più capace di mimetizzarsi e di rendersi meno visibile» dice il prefetto Lega.
La fotografia della Toscana è quella di una regione in cui non ci sono colonizzazioni mafiose ma solo tentativi di infiltrarsi nell’economia pulita e legale. «Il pericolo è che questa regione venga vista come terra di conquista dalle cosche, dove c’è spazio per accaparrarsi fette di mercato», spiega il procuratore Creazzo. Ci sono due dati più significativi di altri: se si escludono Campania, Calabria e Sicilia il distretto toscano è il primo in Italia per numero di denunce e arresti con la contestazione dell’aggravante mafiosa; e poi il porto di Livorno nel 2016 si è confermato il secondo in Italia, dopo quello di Gioia Tauro, per i sequestri di cocaina. E questi dati possono rilevare anche un’altra chiave di lettura: che l’allerta è molto alta grazie anche alla presenza di magistrati che provengono dalle trincee delle Procure del Sud (Giuseppe Creazzo e Ettore Squillace Greco, procuratore capo a Livorno) e hanno una grande esperienza nella lotta alla criminalità organizzata.
Il monito di Rossi «Si parla tanto di “Toscana felix”, ma non sarà che questo marchio interessa anche alle mafie? Attenzione a non cullarci troppo»