«ALLE DONNE I FESTIVAL NON SERVONO »
Caro direttore, 1978. Il femminismo raggiunge il suo culmine dopo circa sette anni di lotte, collettivi, prese di coscienza, manifestazioni in piazza, traguardi di libertà, e parità conquistate. Una generazione di pasionarias che, spinta da una genuina comunanza contro i soprusi di una società machista, con entusiasmo e sorellanza, è convinta di avere finalmente rivendicato i diritti delle donne e di averle liberate, dando loro una posizione nuova nella società.
2018. In un florilegio di femminicidi, violenze, abusi sessuali e diritti che, a fatica, si riesce a fare rispettare, la donna viene celebrata e ricordata — come se fosse un panda — con eventi, film, libri, programmi, ma soprattutto festival ossessivamente monotematici: sulle donne, per le donne, con le donne. In questi festival dedicati alle donne, per le donne, sulle donne, con le donne, la sorellanza viene sempre più utilizzata in forma di consorteria delle «solite note». Come sembra anche il caso — da programma — del Festival «L’Eredità delle donne» a cura di Serena Dandini, in corso a Firenze.
In una società dove il concetto di democrazia e di libertà si traduce nel perverso assioma «tutti possono fare tutto», queste operazioni festivaliere di divulgazione fantasiosa nazional-popolare che si propongono come «cultura» sono pericolose in quanto promuovono una para-cultura che finisce per prevaricare su quella vera. Una «cultura» che prospera su una pigrizia generale che si nutre di slogan, like, hashtag e condivisioni social. Non esiste il confronto costruttivo se non il cianfottare nei talk, la rissa verbale, la gara a chi scende più in basso.
Di chi è la responsabilità? Dell’utente dalle cellule ingrigite che crede di ricevere effluvi di sapienza ascoltando la glitterata di turno con la quale fare un selfie per uno spasmodico (e triste) bisogno di essere attraverso l’apparire? Della consorteria degli intellettuali che, in quanto tali e se realmente tali, hanno il dovere di difendere la cultura, di insegnare, di mettere da parte l’interesse personale per il benessere della società tutta? Di coloro i quali (politica e istituzioni) appoggiano incondizionatamente operazioni discutibili per avere un richiamo mediatico? L’Italia è sicuramente il Paese della Cultura, ma attenzione a non mandare la Cultura a quel paese.