Pestata e stuprata sotto il ponte
Varlungo: il drammatico racconto della ragazza. Rumeno arrestato: aveva già colpito?
Ferita e ricoverata dopo il brutale stupro subito nella notte tra domenica e ieri. La vittima è una studentessa di 21 anni, di origine asiatica, picchiata e violentata nei pressi del viadotto di Varlungo intorno alle una di notte mentre stava rientrando a casa. In arresto è finito un rumeno di 25 anni, Arnaut Mustafa, pregiudicato, senza fissa dimora che viveva in uno stabile occupato. Per gli inquirenti potrebbe essere uno stupratore seriale tanto che è sospettato di aver abusato di una turista giapponese più o meno nella stessa zona nel giugno scorso. Arnaut è stato riconosciuto dalla studentessa e a tradirlo alcuni suoi effetti personali rinvenuti in prossimità del luogo della violenza.
Lo hanno trovato con addosso i pantaloncini ancora sporchi di sangue. Del sangue che la ragazza aveva perso dopo essere stata picchiata per metterla fuori gioco. Perché lei aveva lottato, ma non era riuscito a fermarlo. A fermarlo mentre la violentava all’aria aperta, a due passi dalla scala del sottopasso del Varlungo.
La squadra mobile, diretta da Nino De Santis e coordinata dal pm Antonio Barlucchi, lo ha trovato in uno stabile occupato che si trova nei pressi della Virgin: era su un materasso di fortuna e aveva ancora addosso i vestiti indossati domenica notte, quando ha stuprato una studentessa della Mongolia di 21 anni. Colpevole di tornare alla «Casa dello studente», dove lei è arrivata nottetempo dopo essere sfuggita da Arnaut Mustafa, romeno di 25 anni, svariati precedenti di polizia penale. Era mezza nuda, perché lui gli aveva strappato i vestiti. Era mezza sanguinante, perché lui l’aveva picchiata con sistematicità dopo che si era «permessa» di reagire.
Ora lui è a Sollicciano con le accuse di violenza sessuale, lesioni personali e tentata rapina perché ha pure provato a portarle via il cellulare, forse per la paura che la ragazza chiedesse aiuto. Ma nella fuga, quando ha avuto la sensazione che qualcuno stesse passando nella zona dove la violentava, lui è scappato perdendo cappellino e soprattutto il marsupio che conteneva i suoi documenti personali. Marsupio che la polizia ha poi repertato in un secondo momento assieme al cappellino, sul quale ora si cerca il suo Dna.
Il film dello stupro è un film dell’orrore. La ragazza ha detto che lei stava tornando alla «Casa dello studente»: aveva appena imboccato la rampa di scale che collega il viadotto Marco Polo con l’argine del fiume Arno, quando si è sentita tirare i capelli da dietro, da Arnaut Mustafa, poi riconosciuto in foto. Lei si è difesa, lui ha segni di ferita alla braccia. Ma Arnaut non si è perso d’animo, l’ha presa a botte, colpendola con un pugno sul naso. E dopo averla neutralizzata, l’ha trascinata dietro un albero dove ha abusato di lei in tutti i modi, stando almeno al racconto della vittima.
Lei ha provato a gridare, poi si è come arresa, forse temendo il peggio. La violenza sessuale è durata svariati minuti, quanti lei non ha saputo dirlo, sicuramente troppi. Poi da quelle parti sembra sia passata una persona e lui è scappato a bordo di una bicicletta che ha un portapacchi «improvvisato»: lo stesso mezzo trovato dalla polizia nei pressi dello stabile abbandonato.
Sono stati gli investigatori della Omicidi — sempre loro, verrebbe da dire — che lo hanno trovato dopo avergli dato la «caccia» per diverso tempo e aver «battuto» in lungo e in largo diversi nascondigli.
La polizia ritiene abbia «comportamenti tipici» di uno stupratore seriale. E non è un caso che adesso gli investigatori stiano cercando di capire se sia stato proprio lui, lo scorso 23 giugno, a violentare una turista giapponese che faceva jogging nei pressi del ponte Varlungo quando la donna fu picchiata e poi stuprata. Per poi essere derubata del cellulare.
Lui poi è scappato rifugiandosi in via Dalla Chiesa, pochi metri prima della palestra Virgin. È qui, in un’area abbandonata con al centro un piccolo edificio su due piani, che Mustafa Arnaut abitava abusivamente. L’ingresso principale è chiuso da delle lamiere.
Una casa occupata da tempo. «Ho il negozio qui da soli quattro mesi — spiega il proprietario di Centro Colore, esercizio proprio di fronte all’abitazione occupata — ma ho visto spesso intervenire i carabinieri». Sempre ascoltando i racconti dei residenti, si era arrivati questa estate all’ennesimo sgombero: «I carabinieri di Rovezzano hanno fatto recentemente un blitz per mandarli via. Ma a quanto pare non è servito granché», racconta una coppia a fare jogging.
«Prima dell’occupazione? C’era un vivaio. Ma da almeno tre anni ormai è tutto abbandonato: dicono vogliano farci un centro commerciale. Lo speriamo davvero».
Il sospetto
Per gli inquirenti potrebbe essere stato lui a giugno a violentare un’altra donna