Il guastatore perdonato, un giorno sotto i riflettori
Chiamate da tutto il mondo dopo l’aggressione alla Abramovic. E lui: «Che pubblicità»
«La mia è stata una reazione. In questi anni, nonostante la mia vasta produzione, non sono mai stato davvero considerato. E allora ho pensato: per uscire dall’anonimato ci vuole qualcosa di forte». Cercava una cassa di risonanza internazionale, Vaclav Pisvejc, professionista di (dubbie) provocazioni che domenica ha aggredito Marina Abramovic.
«Non mi bastava averla ritratta, volevo che la sua faccia entrasse nella mia opera». Cercava una cassa di risonanza internazionale, Vaclav Pisvejc, professionista dello sfregio. E domenica si è portato dietro anche un fotografo professionista che documentasse con i suoi scatti ciò che definisce una «fotochoc»: l’aggressione a Marina Abramovic dentro Palazzo Strozzi, che ospita la retrospettiva sull’artista serba. «Non sono un violento e mi spiace che Marina Abramovic ci sia rimasta male, ma questa era la cosa giusta da fare», racconta. Lo ripete una, cinque, dieci volte ai giornalisti che lo contattano da tutta Europa per capire la natura del suo gesto. Per Pisvejc, originario di Praga e da una decina di anni a Firenze, l’aver spaccato quel quadro sulla testa di Marina Abramovic «non porterà pubblicità solo a me ma anche a lei. E il fatto che parlino della mia azione in tutto il mondo ne è la dimostrazione». Il sedicente artista a Firenze è conosciuto per alcune rappresentazioni alquanto discutibili: nel 2012 tappezzò l’enorme ex convento di Sant’Orsola con finti dollari, nel 2014 si sdraiò nudo di fronte a Casa Martelli, l’anno dopo si spogliò lungo la navata del Duomo, e a gennaio colorò con una bomboletta arancione la colossale scultura di Urs Fischer in piazza Signoria. Ma ultimamente Vaclav si era reso conto di essere ripiombato nell’anonimato. Per questo ha deciso di organizzare una performance d’effetto.
«Mi sono dovuto nascondere tra la gente perché a Palazzo Strozzi mi conoscono — spiega — E poi ho atteso che Marina mi passasse davanti. I bodyguard mi dicevano di stare lontano e di non combinare casini ma io ero pieno di adrenalina e non vedevo l’ora di mettere in pratica il mio piano. Comunque a Palazzo Strozzi qualche giorno fa avevo annunciato la mia performance…». E cosa le è stato risposto? «Non mi hanno creduto». Da Palazzo Strozzi smentiscono ogni colloquio con Pisvejc.
«La mia è stata una reazione — continua lui — In questi anni, nonostante la mia produzione, non sono mai stato considerato. E allora ho pensato: per uscire dall’anonimato ci vuole qualcosa di forte».
Il pittore, che poi ha parlato vis a vis con la sua vittima («Mi ha detto che lei è anziana e che le persone di quell’età non andrebbero aggredite») non sembra per nulla pentito. Anzi, «lo rifarei» assicura. E a chi dice che l’arte è amore, Vaclav risponde: «L’arte è anche dolore e violenza. Oggi, a 24 ore dalla mia performance a Palazzo Strozzi, sento di aver fatto un altro passo in avanti: sono passato dalla pittura all’azione. E ne sono felice».
❞ Mi sono dovuto nascondere tra la gente perché a Palazzo Strozzi mi conoscono Ero pieno di adrenalina, non vedevo l’ora di mettere in pratica il mio piano