Fiesoli condannato ad altri 8 anni
Il fondatore del Forteto abusò di un ragazzino ospite del centro
Ancora una condanna per Rodolfo Fiesoli. Otto anni è la pena inflitta, con rito abbreviato, al fondatore del Forteto accusato di aver abusato di un ragazzino, ospite della comunità di accoglienza nel Mugello, tra il 2003 e il 2007. Il «profeta», difeso dall’avvocato Lorenzo Zilletti, dovrà versare una provvisionale complessiva di 80 mila euro a favore della vittima e dei suoi familiari, che si erano costituiti parte civile. Non solo. Il collegio, presieduto da Francesco Gratteri, ha riconosciuto anche il danno di immagine nei confronti della Coop Il Forteto (assistita dall’avvocato Michele D’Avirro), ma l’indennizzo sarà poi definito dal giudice civile. Il pm Ornella Galeotti aveva chiesto una «condanna esemplare» a 12 anni di reclusione. «La vittima è stata creduta: era la sua parola contro quella di Fiesoli» dice l’avvocato Francesco Michelotti che insieme al collega Alessandro Betti assiste la vittima e i suoi familiari. «La sentenza stabilisce che la Coop Il Forteto è stata danneggiata da Rodolfo Fiesoli — spiegano in una nota in una nota i vertici della Coop — da tempo abbiamo escluso i soci già condannati in via definitiva». «La sentenza è un altro tassello della ricostruzione operata dalla commissione regionale d’inchiesta: le violenze e gli abusi in quella comunità erano la regola, la pratica diffusa» è il commento di Stefano Mugnai, vicepresidente dei deputati di Fi ed ex presidente della prima commissione d’inchiesta sul Forteto. Il processo parte dalla testimonianza di un ex bambino ospite del Forteto nel procedimento principale su maltrattamenti e abusi a minori affidati alla comunità di Vicchio, per il quale Fiesoli è stato condannato a 15 anni e 10 mesi dalla Corte di Cassazione che però ha disposto un processo d’appello bis per il ricalcolo della pena di un episodio di violenza sessuale. «Rodolfo mi portava nella sua camera, mi abbracciava e mi baciava. Io ero ancora un bambino e mi ribellavo quando potevo», disse il ragazzo, tra le lacrime, in tribunale. Un racconto simile a quello di tanti ragazzini arrivati in comunità per salvarsi e, invece, finiti in un inferno.