Smaltire i fanghi? Una storia italiana (che costa tanto)
Caro direttore, quella dei fanghi è una storia incredibile. La storia di una crisi nazionale generata dal nulla, solo da paura, incapacità di governare, burocrazie cieche. Fino a due anni fa (e per i precedenti 20 anni) i fanghi della depurazione civile della Toscana (circa 130.000 tonnellate anno) sono sempre andati per oltre il 50%, nei terreni agricoli toscani. Gli agricoltori li richiedevano per il loro tenore di organico e la capacità di fertilizzante naturale, prendevano anche un po’ di soldi, ai gestori costava meno di ogni altra soluzione e si faceva «economia circolare». Tutti contenti. Tutto secondo la legge: una direttiva europea del 1992. E tutto come accade in Francia, Germania e Spagna. Ad un certo punto sulla base di qualche presunto comportamento illecito (sta indagando la Magistratura) si scatena il panico. I fanghi diventano il mostro. Una variante toscana della «Terra dei fuochi» e non la conseguenza inevitabile dei nostri scarichi idrici quotidiani (fortunatamente, oggi, a differenza di molte altre regioni, tutti incanalati in fognatura e depurati). I magistrati indagano, gli organismi competenti indicano regole inapplicabili (quelle delle bonifiche!), i contadini giustamente si spaventano, i sindaci insorgono. Nascono addirittura i comuni «defanghizzati». Il flusso di fanghi in agricoltura si blocca completamente.
Ma non basta. Per gestire il problema, i gestori idrici toscani portano i fanghi negli impianti di compostaggio e produzione di fertilizzante della Lombardia (normalmente autorizzati e nella perfetta legalità). Da qui i materiali trattati vanno in agricoltura. Nel nostro riso. Da anni. Senza alcun problema. Ma la paura si diffonde anche lì. La Regione Lombardia fa una legge saggia per continuare a gestire i fanghi e fare economia circolare. Una settantina di comuni ricorrono al Tar. E vincono. Si blocca anche il mercato degli impianti lombardi. La Regione fa quadrato e animata da «sovranismo regionale», vara un’ordinanza per aprire gli impianti ai soli fanghi lombardi. I fanghi toscani non hanno più nessuno sbocco. E inizia la stagione estiva. I depuratori non possono scaricare in mare e scatta la crisi. Stoccaggi pieni, depuratori al limite del collasso. Si bloccano gli scarichi in fognatura degli industriali, i depuratori smettono di prendere i rifiuti degli spurghisti. Anche questo indotto rischia il collasso.
La Regione Toscana, coraggiosamente e bene, interviene e ci mette una pezza, con un’ordinanza che autorizza il conferimento provvisorio dei fanghi in discarica, previo trattamento di inertizzazione. I gestori accelerano nella decisone di costruire impianti propri, ma ci vorranno due-tre anni, sempre che si riesca a farli in qualche comune non «defanghizzato». Passiamo un agosto di emergenza, sindaci preoccupati per la stagione estiva, gestori in crisi con stoccaggi pieni, spurghisti senza sbocchi. Grazie allo sforzo di tutti, in primis della Regione, dei gestori, delle piattaforme di trattamento e delle discariche, il sistema tornerà regolare nelle prossime settimane. Tutta questa «follia» costa. Portare i fanghi nei terreni toscani costava 40/60 euro a tonnellata. Andare in Lombardia 160/180 euro, andare in discarica con trattamento 250 euro. Andare all’estero 350 euro. Tutti costi che andranno nella tariffa Idrica. Per cosa? Per niente. Per un sistema che non sa governare un flusso innocuo di rifiuti e non riesce, cosa più grave, a controllare le paure.
* Presidente di Confservizi Cispel Toscana