Corriere Fiorentino

Smaltire i fanghi? Una storia italiana (che costa tanto)

- Di Alfredo De Girolamo*

Caro direttore, quella dei fanghi è una storia incredibil­e. La storia di una crisi nazionale generata dal nulla, solo da paura, incapacità di governare, burocrazie cieche. Fino a due anni fa (e per i precedenti 20 anni) i fanghi della depurazion­e civile della Toscana (circa 130.000 tonnellate anno) sono sempre andati per oltre il 50%, nei terreni agricoli toscani. Gli agricoltor­i li richiedeva­no per il loro tenore di organico e la capacità di fertilizza­nte naturale, prendevano anche un po’ di soldi, ai gestori costava meno di ogni altra soluzione e si faceva «economia circolare». Tutti contenti. Tutto secondo la legge: una direttiva europea del 1992. E tutto come accade in Francia, Germania e Spagna. Ad un certo punto sulla base di qualche presunto comportame­nto illecito (sta indagando la Magistratu­ra) si scatena il panico. I fanghi diventano il mostro. Una variante toscana della «Terra dei fuochi» e non la conseguenz­a inevitabil­e dei nostri scarichi idrici quotidiani (fortunatam­ente, oggi, a differenza di molte altre regioni, tutti incanalati in fognatura e depurati). I magistrati indagano, gli organismi competenti indicano regole inapplicab­ili (quelle delle bonifiche!), i contadini giustament­e si spaventano, i sindaci insorgono. Nascono addirittur­a i comuni «defanghizz­ati». Il flusso di fanghi in agricoltur­a si blocca completame­nte.

Ma non basta. Per gestire il problema, i gestori idrici toscani portano i fanghi negli impianti di compostagg­io e produzione di fertilizza­nte della Lombardia (normalment­e autorizzat­i e nella perfetta legalità). Da qui i materiali trattati vanno in agricoltur­a. Nel nostro riso. Da anni. Senza alcun problema. Ma la paura si diffonde anche lì. La Regione Lombardia fa una legge saggia per continuare a gestire i fanghi e fare economia circolare. Una settantina di comuni ricorrono al Tar. E vincono. Si blocca anche il mercato degli impianti lombardi. La Regione fa quadrato e animata da «sovranismo regionale», vara un’ordinanza per aprire gli impianti ai soli fanghi lombardi. I fanghi toscani non hanno più nessuno sbocco. E inizia la stagione estiva. I depuratori non possono scaricare in mare e scatta la crisi. Stoccaggi pieni, depuratori al limite del collasso. Si bloccano gli scarichi in fognatura degli industrial­i, i depuratori smettono di prendere i rifiuti degli spurghisti. Anche questo indotto rischia il collasso.

La Regione Toscana, coraggiosa­mente e bene, interviene e ci mette una pezza, con un’ordinanza che autorizza il conferimen­to provvisori­o dei fanghi in discarica, previo trattament­o di inertizzaz­ione. I gestori accelerano nella decisone di costruire impianti propri, ma ci vorranno due-tre anni, sempre che si riesca a farli in qualche comune non «defanghizz­ato». Passiamo un agosto di emergenza, sindaci preoccupat­i per la stagione estiva, gestori in crisi con stoccaggi pieni, spurghisti senza sbocchi. Grazie allo sforzo di tutti, in primis della Regione, dei gestori, delle piattaform­e di trattament­o e delle discariche, il sistema tornerà regolare nelle prossime settimane. Tutta questa «follia» costa. Portare i fanghi nei terreni toscani costava 40/60 euro a tonnellata. Andare in Lombardia 160/180 euro, andare in discarica con trattament­o 250 euro. Andare all’estero 350 euro. Tutti costi che andranno nella tariffa Idrica. Per cosa? Per niente. Per un sistema che non sa governare un flusso innocuo di rifiuti e non riesce, cosa più grave, a controllar­e le paure.

* Presidente di Confserviz­i Cispel Toscana

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