SE IL MOTORE È SALVINI
Non ci hanno messo più di un nanosecondo alcuni esponenti del centrodestra fiorentino ad allinearsi a Matteo Salvini nella richiesta di castrazione chimica per lo stupratore della ragazza orientale sotto il ponte di Varlungo ad opera, sembra, di un rumeno senza fissa dimora ma già con un bel carico di reati penali. Quando l’indignazione popolare è forte, la tentazione di dare risposte a effetto è difficile da frenare. Ma l’agorà, la piazza della pubblica discussione, dovrebbe essere qualcosa di diverso dal bar sport, dove s’impone chi la spara più grossa.
La castrazione chimica è un tema delicatissimo sul piano etico (inaccettabile per chiunque crede, come i cattolici, nel principio della sacralità del corpo) e controverso anche sul piano scientifico (per i risultati tutt’altro che univoci): invocarla come fosse uno slogan significa solo dare un contributo all’arretramento culturale del nostro Paese, sempre più prigioniero di una spirale di risentimenti, faziosità, banalizzazioni. Non sarebbe meglio discutere su quanto si possa fare concretamente e subito sul piano delle leggi, dei codici di giustizia e della loro applicazione per rendere più dura la pena di chi commette una violenza così odiosa e feroce? Vinta la battaglia sull’omicidio stradale, forse bisognerebbe adeguare le norme contro gli stupri per fronteggiare anche questa emergenza sociale.
Nel centrodestra fiorentino prevale invece il bisogno di battere il sindaco Nardella e il Pd alle elezioni comunali della prossima primavera. Salendo più vistosamente possibile sul carro di Matteo Salvini, l’unico che in questa stagione può garantire un bel gruzzolo di voti a prescindere. Un’opportunità che nasconde però una grave debolezza: a Firenze l’opposizione di centrodestra non è stata di nuovo capace di esprimere una leadership in grado di tenere testa alla maggioranza in Consiglio comunale e poi competere davvero per la guida della città. Per questo si fa leva sul leader leghista, per questo si pensa di trovare ancora una volta un candidato sindaco espresso dalla società civile, come in tante altre elezioni, anche se questa volta potrebbe farcela, senza limitarsi a fare il «candidato a perdere». È difficile convincere una città intera inseguendo, ora l’uno ora l’altro, interessi particolari (a cominciare da quelli dei bottegai, per i quali il centrodestra sembra avere una premura incondizionata).
Oppure solo con i blitz che fanno da corredo a fatti di cronaca nera. Bisognerebbe esprimere un’idea complessiva della città, un disegno preciso degli obiettivi futuri, un’armonizzazione delle spinte diverse che arrivano dal panorama sociale. E poi comporre una squadra all’altezza del compito, che diventi la punta di una vera classe dirigente. Vale per il Pd, che è più che mai sotto esame, ma a maggior ragione vale per un centrodestra che vorrebbe imporsi come alternativa convincente per il governo di Firenze.