«Sant’Anna e Normale migliori atenei d’Italia»
Le due scuole scalano posizioni nella classifica mondiale di Times Higher Education
Sant’Anna e Normale di nuovo in vetta alla classifica. Sono toscani — e pisani — i due migliori atenei d’Italia. Almeno secondo il Times Higher Education, istituto di ricerca inglese che ogni anno compila la classifica delle 500 migliori università di tutto il mondo: il World University Ranking.
Migliora la situazione complessiva dell’Italia, che, rispetto all’anno passato, riesce a piazzare 3 atenei in più tra i 500 migliori a livello planetario: 43 invece di 40. E migliora, soprattutto, il posizionamento delle università toscane. La Scuola Superiore Sant’Anna, che già l’anno scorso era considerato il miglior ateneo italiano dallo stesso ranking, sale ancora di posizione e arriva alla posizione numero 153.
La Normale, simbolo storico dell’eccellenza universitaria in Italia, si lascia indietro oltre venti concorrenti e sale alla posizione numero 161. Ma buone notizie anche per l’Università di Pisa, che piazzandosi tra il posto 301 e il 350, in un solo anno brucia oltre 50 posizioni e sale in una fascia più alta della classifica. Dati molto positivi, dunque, e che ben fanno sperare per il futuro dell’istruzione e della ricerca toscana e italiana. «L’ottimo piazzamento della Scuola Superiore Sant’Anna e della Scuola Normale Superiore ai vertici del Ranking Times Higher Education conferma la capacità delle nostre Scuole di rappresentare al meglio l’Italia nelle classifiche internazionali delle università», commentano il rettore della Sant’Anna Pierdomenico Perata e quello della Normale Vincenzo Barone.
Ma per continuare a migliore e puntare davvero in alto, aggiungono i rettori, ci vogliono ancora più risorse: «Speriamo che il governo del nostro Paese comprenda il valore delle nostre istituzioni e che l’Italia investa maggiormente nel proprio sistema della ricerca universitaria, consentendo alle migliori Istituzioni di essere ancor più competitive e raggiungere finalmente la top 100 da cui l’Italia è da sempre esclusa».
I rettori
«Speriamo che il governo comprenda il valore della ricerca e ci investa di più»